I disturbi del comportamento alimentare (DCA) siano inseriti nei Livelli Essenziali di Assistenza come malattie a sé. È questa la richiesta che arriva dai ranghi del Movimento Lilla, nato nel 2021 con il sostegno di giovani, adulti, famiglie e di tutte quelle persone che conoscono da vicino i disturbi del comportamento alimentare. Attraverso un comunicato stampa e a seguito della manifestazione in piazza a Roma, il Movimento chiede un cambiamento concreto. “I disturbi alimentari – si legge – devono avere un budget autonomo nei Livelli Essenziali di Assistenza (L.E.A)”. Cosa che consentirebbe a ciascuna Regione di garantire i livelli essenziali di cura, permettendo alle persone di ricevere supporto senza dover intraprendere lunghi viaggi in tutta Italia.
Le liste d’attesa sono un altro problema che ritarda la possibilità di ricevere una diagnosi e un immediato accesso alle cure: il tempo medio va dagli otto mesi fino ad un anno per l’ambulatorio DCA, tre o quattro mesi per il centro diurno e per la residenza. Un tema che genera non poca apprensione perché dare avvio a un trattamento in modo tempestivo accresce la probabilità di un esito positivo, mentre è proprio il tardivo riconoscimento della malattia uno dei più grandi ostacoli nella cura dei disturbi alimentari: il ritardo nella diagnosi influenza infatti gravemente l’evoluzione del disturbo.
Quando si parla di disturbi dell’alimentazione si fa generalmente riferimento ad anoressia, bulimia, binge eating desorder, ormai entrate nelle case di tutti abbattendo una serie di luoghi comuni e pregiudizi, come ad esempio, quello che assegnava “disturbi” di questa natura esclusivamente al mondo femminile. Oggi i dati ci suggeriscono che sono soprattutto i soggetti in età adolescenziale o – per le donne – vicino all’età della menopausa a dover affrontare questi disagi caratterizzati da un disfunzionale comportamento alimentare, un’eccessiva preoccupazione per il peso con alterata percezione dell’immagine corporea.
Secondo i dati 2023 dell’Osservatorio Aba e Istat, sono circa 3 milioni gli italiani che soffrono di disturbi alimentari e in seguito alla pandemia l’incidenza è salita del 30%, interessando soprattutto, appunto, i più giovani a causa dell’isolamento prolungato e delle ridotte occasioni sociali. Secondo i dati ReNCam invece sono circa 4 mila le morti ogni anno per la mancanza di cure nel trattamento di queste malattie.