Quasi due miliardi di persone usano ancora l’acqua contaminata, con il rischio di contrarre perlopiù malattie intestinali.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha lanciato l’allarme sullo stato delle acque in tutto il mondo, denunciando che quasi due miliardi di persone usano ancora l’acqua potabile contaminata, in particolare con materia fecale. “Si stima che l’acqua potabile contaminata provochi oltre 500 mila morti per diarrea ogni anno”, fa sapere l’Oms. E si pone come obiettivo, entro il 2030, di garantire l’accesso universale all’acqua e ai servizi igienico-sanitari e alla gestione sostenibile delle risorse idriche.
I fondi disponibili per risolvere il problema sono insufficienti per l’80% dei paesi. Secondo le cifre della Banca mondiale, citate dall’OMS, il denaro investito nelle infrastrutture dovrebbero triplicare e raggiungere almeno i 100 miliardi di franchi all’anno.
L’acqua è un elemento naturale e come tale contiene un gran numero di sostanze. L’acqua che beviamo o di cui ci serviamo per preparare il caffè, una tisana o per cuocere la pasta, proviene dalle falde acquifere che attraversano il terreno. Tuttavia se la superficie interessata dal passaggio è contaminata a causa della presenza di industrie, allevamenti e insediamenti essa rischia di essere inquinata da ciò che le stesse falde ricevono “dall’alto”. Le sostanze che inquinano l’acqua generalmente sono di due tipi: organiche e inorganiche. Queste ultime sono nitrati, nitriti, ammoniaca, arsenico, boro che possono arrivare o per mano dell’uomo e delle sue attività o dalla terra stessa. Nell’area del Viterbese, per esempio, il terreno è naturalmente ricco di arsenico che, tramite le falde acquifere, si trasmette alle acque distribuite dalla rete idrica.
Gli inquinanti organici, invece, sono tutta quella vastissima serie di colture batteriche che possono derivare da allevamenti, attività agricole, e alcune attività industriali. Eventuali sversamenti o depositi a livello del terreno filtrano in profondità fino a raggiungere le falde acquifere che a loro volta possono alimentare le sorgenti da cui attingono le reti idriche.
Un gruppo particolare di batteri viene preso da indicatore per definire l’inquinamento dell’acqua: i coliformi. A questa famiglia fanno parte Escherichia coli, Enterobacter, Citrobacter e Klebsiella che abitano tra le pareti dell’intestino umano e animale a sangue caldo, e costituiscono il sottogruppo dei coliformi fecali. Un’alta concentrazione di questi batteri rende l’acqua inquinata. In particolare, la normativa italiana dispone che Escherichia coli ed enterococchi, che indicano la contaminazione fecale, devono essere assenti in 100 millilitri di acqua; Clostridium perfringens e Coliformi sono considerati parametri indesiderabili, che dovrebbero essere assenti. Un altro pericoloso batterio che potrebbe trovarsi nell’acqua provoca la legionellosi, malattia mortale ed epidemica. La proliferazione di questo batterio è legata principalmente a stagnazione; incrostazioni e sedimenti; biofilm e presenza di amebe.
Le principali malattie legate al consumo di acqua contaminata sono perlopiù intestinali. Le più conosciute su scala globale sono l’amebiasi e la giardiasi che colpiscono l’apparato gastrointestinale e la dracunculosi, che è una diffusione di larve sottocutanee. Tra le malattie batteriche più letali invece ci sono il colera e la febbre tifoide, mentre tra quelle virali l’epatite A e l’epatite E. La gran parte di queste malattie si manifesta nelle regioni del Terzo Mondo, dove c’è una scarsa affluenza idrica e dove le condizioni igienico-sanitarie sono a volte totalmente assenti.