L’innovazione entra in sala operatoria e allunga la vita ai pazienti che soffrono di criticità o anomalie cardiache. Accade in tutto il mondo ma assumono particolare rilevanza i numeri condivisi da Emergency che solo in Sudan ha realizzato circa 10 mila interventi a cuore aperto nella sede “Salam” di cardiochirurgia a Khartoum. In modo specifico, il Sudan registra un’alta incidenza di patologie cardiovascolari e un’assistenza e preparazione mediche insufficienti a fornire cure adeguate alla popolazione. Nel corso degli anni, ben 15, Emergency ha fornito al paese sub-sahariano cure specialistiche per le patologie del cuore, formando il personale medico e migliorando la vita a 8.000 pazienti.
Risultato raggiunto anche grazie al contributo della rete Anme (African network of medical excellence), fondata da Emergency nel 2010 per costruire in Africa centri di eccellenza che rispondano su base regionale ai bisogni sanitari identificati dai Paesi aderenti. In Africa sono oltre 18 milioni le persone colpite dalla malattia cardiaca reumatica, patologia infiammatoria delle valvole cardiache che può avere origine da infezioni, come una semplice tonsillite, non curate. In Sudan la prevalenza della malattia reumatica è di circa 5/6 malati ogni 1.000 abitanti. In Occidente, invece, grazie a profilassi per la prevenzione e cure mediche adeguate è ormai praticamente scomparsa: colpisce 1 persona su 100.000 ed è facilmente prevenibile e curabile. Il Centro Salam, aperto nel 2007, oltre al trattamento chirurgico, segue i pazienti nelle visite di follow-up e trattamenti a lungo termine, garantendo anche le terapie anticoagulanti a vita. Come informa la stessa Emergency, sono 248 i membri sudanesi dello staff sanitario che lavora al Salam, tra medici, chirurghi, infermieri, specialisti del settore cardiologico, tecnici di laboratorio, studenti specializzandi.
Attraverso questo progetto Emergency si pone l’obiettivo di dare vita a una strategia unificata di risposta ai bisogni sanitari del continente africano attraverso cure gratuite e di qualità. Oltre alla creazione di centri sanitari che offrano servizi specialistici, la rete prevede anche la circolazione di personale e pazienti tra i Paesi.
In tutto il mondo circa l’80% dei decessi per patologie croniche avvengono soprattutto nei paesi a medio e basso reddito, e sono le persone più vulnerabili – economicamente e socialmente – quelle che hanno una maggiore probabilità di ammalarsi. Il rapporto 2005 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, incentrato sulla prevenzione delle patologie croniche parlava infatti di “epidemia dimenticata delle patologie croniche”, denunciando come queste non siano specificatamente indicate negli Obiettivi del Millennio e proponendo un nuovo target: ridurre del 2% ogni anno la morte per patologie croniche per evitare 36 milioni di morti entro il 2015. Il chiaro riferimento è ai Paesi a sud del mondo e dunque al continente africano: i notevoli flussi migratori degli ultimi decenni hanno consentito uno studio parallelo dello stato di salute degli europei, ad esempio, e degli immigrati. Da tali studi scientifici emerge una particolare incidenza di ictus nella popolazione africana immigrata rispetto a quanto non si registri tra gli europei, tra i quali, invece, sembra essere maggiore l’incidenza della patologia coronarica.