Ottant’anni dall’apertura dei cancelli di Auschwitz, la storia di Andra e Tatiana

Le sorelle Andra e Tatiana Bucci, sopravvissute alla Shoah, hanno ricevuto il Pegaso d’oro dalla Regione Toscana nel corso del meeting organizzato al teatro del Maggio di Firenze in occasione del Giorno della Memoria che si celebra oggi. La loro è una storia straordinaria, certamente potente. Da un lato il forte legame di due sorelle, dall’altro il tema della famiglia. Quando infatti genitori e figli arrivavano nei campi della morte, così erano chiamati perché da lì non si usciva vivi, venivano separati: gli uomini da un lato, le donne dall’altro, anziani e bambini alle camere a gas.

Andra e Tatiana quando vennero deportate avevano, rispettivamente, 4 e 6 anni. “Quella sera del 28 marzo del 1944 – ricordano a distanza di ottant’anni – non la dimenticheremo mai. Eravamo già a letto, erano da poco passate le nove. Mamma Mira venne in camera, ci svegliò e ci vestì in fretta. Quando entrammo in soggiorno, c’erano molte persone, una di loro con un cappotto di pelle lungo. Nonna Rosa, inginocchiata davanti a questo uomo, lo implorava di lasciare a casa almeno noi bambini. L’ultimo ricordo è la luce della nostra abitazione. Poi siamo uscite al buio e ci hanno caricati su un blindato”.

Le due bambine, a differenza del cuginetto Sergio che ad Auschwitz morì essendo diventato cavia di brutali esperimenti, ebbero salva la vita in quella fabbrica della morte che era il campo di concentramento di Auschiwitz-Birkenau grazie a un errore del dottor Mengele che le credette gemelle. Come raccontano nel loro libro ‘Noi, bambine ad Auschwitz’, superate le selezioni vennero internate in un Kinderblock, il blocco dei bambini destinati – appunto – alle brutali sperimentazioni mediche. In quel campo vennero deportati oltre 230 mila bambine e bambini da tutta Europa ma, alla fine della guerra, con la liberazione del campo, sono alcune decine di loro poterono tornare a casa, passando, come avvenne per Andra e Tatiana, di paese in paese da un orfanotrofio all’altro.

Il medico delle SS Josef Mengele, criminale di guerra, condusse esperimenti medici disumani, spesso mortali, sui prigionieri di Auschwitz. Per questa ragione fu soprannominato ‘angelo della morte’. Era un medico e un ricercatore altamente qualificato, ma anche un veterano di guerra pluridecorato. All’interno di Auschwitz-Birkenau lavorava per uno degli istituti di ricerca leader del settore in Germania. Gran parte del suo lavoro di ricerca, anche dopo il secondo conflitto mondiale, servì alla ricerca e alla scienza. Mengele agì secondo le norme della scienza tedesca sotto il regime nazista. I suoi crimini rappresentano il pericolo estremo posto dalla scienza quando è messa al servizio di un’ideologia che nega i diritti, la dignità e l’umanità di determinati gruppi di persone.

Alessandro Notarnicola
Alessandro Notarnicola
Mi occupo di giornalismo e critica cinematografica. Dopo la laurea in Lettere e Filosofia nel 2013, nel 2016 ho conseguito la Laurea Magistrale in "Editoria e Scrittura". Da qualche anno mi sono concentrato sull'attività della Santa Sede e sui principali eventi che coinvolgono la Chiesa cattolica in Italia e nel mondo intero.

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