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Partorire in casa? Dopo il lockdown non è più di tendenza
Partorire in casa non è più di tendenza (almeno in Italia). Se nella prima parte della pandemia dare alla luce il proprio figlio tra le mura domestiche, proprio come avveniva in passato, era un trend in crescita, oggi invece il fenomeno si è ridotto drasticamente. Di recente infatti tra le donne con gravidanza fisiologica considerata a basso rischio era emersa sempre più la volontà di partorire in ambiente extraospedaliero, in particolare quello domestico. Tendenza accentuata da febbraio 2020 con lo scopo dichiarato di evitare gli ospedali in prima linea contro la diffusione del virus.
Stando tuttavia alle rilevazioni del Ministero della Salute, che di fatto costituiscono a livello nazionale la più ricca fonte di informazioni sanitarie, epidemiologiche e socio-demografiche relative all’evento nascita, oggi solo lo 0,2% delle donne partorisce in casa. L’88,2% delle nuove nascite invece è avvenuto negli Istituti di cura pubblici e il restante 11,6% nelle case di cura. Analizzando nello specifico poi si scopre che il 62,6% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui. Tali strutture rappresentano il 34,8% dei punti nascita totali. Il 6,9% dei parti ha luogo invece in strutture che accolgono meno di 500 parti annui.
Inoltre, il 21% è relativo a madri di cittadinanza non italiana. Aumentano infatti le neomamme provenienti dall’Africa (27,9%) e dall’Unione Europea (21,4%). Seguite da donne di origine asiatica e Sud Americana che rappresentano rispettivamente il 20,3% ed il 7,8% delle madri straniere.
In relazione all’età anagrafica, ci sono buone notizie. Mediamente una donna italiana mette al mondo il primo figlio a 33 anni; le neomamme provenienti dall’estero invece hanno poco più di 30 anni. E ancora, la fotografia acquisisce una completezza ulteriore grazie ad informazioni relative gli studi e la posizione sociale delle donne che hanno partorito: il 42,6% di loro ha una scolarità medio alta, il 24,8% medio bassa ed il 32,7% è laureata. Tra le straniere prevale invece una scolarità medio bassa (43,3%). In più, il 56,2% delle madri dichiara di avere un lavoro, il 27,5% sono casalinghe e il 14,3% sono disoccupate o in cerca di occupazione. La condizione professionale delle straniere che hanno partorito nel 2020 è per il 52,2% quella di casalinga a fronte del 63,5% delle donne italiane che hanno invece un’occupazione lavorativa.