Viviamo in una terra di paradossi, ha scritto Andrea Segrè, Premio Artusi 2012, nel messaggio letto in occasione della cerimonia del Premio Artusi svoltasi sabato 24 novembre a Casa Artusi, Forlimpopoli. “Sulla Terra – scrive Segrè – una persona su nove soffre di malnutrizione e una su otto di obesità: paradossi che stridono nel nostro tempo”.
Lo sa bene José Graziano Da Silva, a cui è stato assegnato il, il Premio Artusi 2018, da sempre in prima linea nella lotta di questo paradosso del presente, nel suo ruolo di direttore della Fao, dove ha portato avanti tanti progetti contro la malnutrizione. Personaggio dalle origini italiane, portate con orgoglio. Ed è da qui che è partito in occasione della consegna del riconoscimento nella Chiesa dei Servi. “Il mio bisnonno era un contadino nel piccolo comune di Pianopoli in Calabria. Emigrò a São Paulo Brasile 160 anni fa a causa di un terremoto. Grazie alla mia bisnonna ho appreso la passione per il cibo come parte della mia cultura. Con lei – ha ricordato il vertice Fao – ho imparato a coltivare ortaggi a preparare la pasta fatta in casa e a fare il limoncello. Tutto allo stesso modo della sua terra d’origine”.
Stando a Da Silva alimentazione e agricoltura sono valori condivisi in tutta Italia. Questi stessi valori sono anche il fondamento della sua formazione accademica essendosi laureato in Agronomia. In Brasile inoltre il direttore generale ha avuto modo di prendere parte a un progetto rivoluzionario; nel 2003 eletto il presidente Luiz Inacio Lula Da Silva alle elezioni presidenziali ha infatti contribuito ad attuare il Programma Fame Zero. “Questo programma – ha precisato – continua ad essere considerato ancora oggi modello mondiale di iniziativa per eliminare la fame affrontando le cause profonde in particolar modo la povertà estrema”.
Nel corso del suo intervento, Da Silva si è soffermato sull’omologazione del cibo in ambito mondiale. “Il cibo che mangiamo – ha proseguito – non rappresenta solo un mero quantitativo di proteine e vitamine. La diversità alimentare esistente è essa stessa alla base delle nostre diverse civiltà. In questo modo vorrei porre l’attenzione sul fatto che stiamo perdendo velocemente tale diversità alimentare. Oggi l’80% del nostro regime alimentare si basa su pochi prodotti di base come grano, riso, granoturco, e soia. Allo stesso tempo nel corso della nostra storia abbiamo consumato più di 7000 prodotti che sono alla base dei nostri diversi regimi alimentari”.
Non ultima, la “pandemia” dell’obesità. Investire nei prodotti locali e riportare questa diversificazione nuovamente sulle nostre tavole rappresenta una delle maggiori sfide da affrontare oggi. Questo è inoltre correlato all’utilizzo di un approccio territoriale che permetta di rafforzare i contatti tra i piccoli centri urbani e le zone rurali periferiche. Questo approccio a livello locale sembra essere una reale soluzione per un mondo in cui l’obesità è divenuta una vera pandemia. Secondo l’ultimo rapporto della Fao l’obesità ed il sovrappeso hanno colpito 672 milioni di persone. Tale cifra include persone di diversi contesti: uomini e donne, ricchi e poveri, giovani ed anziani. Tanto nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. In particolar modo nei Paesi in via di sviluppo tale panorama è provocato dalla loro dipendenza all’importazione di prodotti alimentari, spesso lavorati, e cibi non salutari, derivanti dai principali prodotti di base.