Eravamo presenti anche noi ieri alla Camera dei Deputati, dove è stato presentato il dodicesimo Rapporto Sanità a cura di C.R.E.A. Sanità – Università Tor Vergata.
Ieri, alla Camera dei Deputati, è stato presentato il dodicesimo Rapporto C.R.E.A. Sanità a cura di C.R.E.A. Sanità – Università Tor Vergata. A commentare la ricerca, oltre al curatore e presidente C.R.E.A. Sanità, prof. Federico Spandonaro, professori, politici, rappresentanti delle istituzioni, del mondo della sanità e del Terzo Settore.
Tanti i dati importanti, relativi alla spesa sanitaria pubblica, alla spesa privata, al federalismo, e alle differenze tra le diverse Regioni.
Ma andiamo con ordine.
Il primo dato importante, certificato dal Rapporto, è che nonostante gli aumenti degli ultimi anni la spesa sanitaria italiana resta inferiore rispetto a quella dell’Europa Occidentale: il divario è del 32,5% per quanto riguarda la spesa totale e del 36% per la sola spesa pubblica. L’Italia, in rapporto al PIL, spende per la Sanità il 9,4%, contro il 10,4% in media dell’Europa Occidentale.
Si legge nel rapporto: “Negli ultimi 10 anni la spesa sanitaria pubblica italiana è cresciuta dell’1% medio annuo contro il 3,8% degli altri Paesi dell’Europa”. A crescere è anche la spesa privata (2,1% medio annuo, una crescita leggermente inferiore a quella europea, che è arrivata al 2,3%), che ormai rappresenta circa un quarto del totale.
La spesa sanitaria privata ha raggiunto quota 36 miliardi, di cui l’89,9% out of pocket (cioè spesa sanitaria sostenuta direttamente dalle famiglie), solo il 10% intermediata dai fondi sanitari integrativi e complementari, o da compagnie assicurative. La spesa sanitaria privata rappresenta mediamente il 26,9% della spesa nel Centro-Nord e solamente il 18,9% nel Sud. Quasi 317mila famiglie si sono impoverite proprio per le spese sanitarie pagate di tasca propria, e il 5% dichiara di aver dovuto rinunciare a qualche spesa per farmaci o cure. Con le solite differenze, purtroppo sempre più evidenti, tra le regioni del nord Italia e quelle meridionali.
L’incidenza della spesa privata pro-capite su quella totale è pari al 30,5% in Valle d’Aosta e del 16,0% in Sardegna. Le differenze di spesa si sono progressivamente ridotte fino al 2009, ma hanno poi ricominciato ad aumentare nel periodo successivo, in corrispondenza dell’azione dei Piani di Rientro e dei commissariamenti, volti al risanamento dei deficit.
Il rapporto dimostra che il federalismo, dal punto di vista della Sanità, non è stato un fallimento. Anzi, ha addirittura risanato la parte finanziaria, migliorando anche l’applicazione dei LEA. Il disavanzo sanitario, si è infatti ridotto del 78% dopo l’intervento dei piani di rientro, e anche le Regioni sottoposte a piano hanno gli indicatori sui Lea in miglioramento. Purtroppo, le differenze tra le regioni sono rimaste.
A livello regionale le differenze di spesa sono allarmanti. La Provincia Autonoma di Bolzano è la Regione in cui nel 2015 si è speso di più; la Calabria è quella in cui si è speso meno. Tra le due regioni, il divario pro-capite ha superato il 50,0% (quasi il 40% per quanto concerne la spesa pubblica). Le differenze, come ha sottolineato il prof. Spandonaro, rimangono anche tenendo conto dei due miliardi in più per il Fondo Sanitario Nazionale previsti dalla legge di Stabilità. “Questi fondi erano previsti da anni – ha detto. “Se non ci fossero quelli il differenziale di spesa con gli altri paesi sarebbe drammatico, ma comunque non risolvono il problema. Ricordiamo che dieci anni fa si prevedeva un fondo 30-40 miliardi maggiore per questi anni”.
Nel 2014 il 77,0% delle famiglie ha effettuato spese sanitarie ‘out of pocket’ (erano il 58,0% nel 2013). Il 5,0% delle famiglie, soprattutto quelle del Centro e del Sud, ha dichiarato di aver ridotto le spese sanitarie private, spesso le ha proprio annullate. Dati purtroppo già tristemente noti: solo poche settimane fa uno studio del Censis aveva evidenziato che 11 milioni di persone hanno rinunciato a curarsi. Come sottolinea il Rapporto, sono 316.402 (1,2%) i nuclei familiari impoveritisi per spese sanitarie; si tratta soprattutto di famiglie residenti nel Mezzogiorno (2,7%). Calabria, Sicilia e Abruzzo sono le Regioni più colpite (3,5%, 3,4% e 3,7%), mentre Trentino Alto Adige, Piemonte ed Emilia Romagna sono le meno esposte (0,2% le prime due e 0,3% la terza). Quasi 800.000 (781.108) sono invece le famiglie soggette a spese sanitarie catastrofiche (3,1% delle residenti). Il Mezzogiorno continua ad essere maggiormente esposto al fenomeno (5,5% delle famiglie). A questi dati si aggiungono quasi 280.000 famiglie (l’1,4% di quelli che sostengono spese sanitarie out of pocket) ad alto rischio di impoverimento.
E per quanto riguarda la sanità integrativa? La spesa sanitaria privata intermediata rappresenta solo il 10,1% della spesa privata: molto meno che nel resto d’Europa. Per il 4,0% si tratta di spesa per polizze individuali e il restante 6,1% per polizze collettive (Fondi sanitari integrativi e complementari, Società di Mutuo Soccorso). Purtroppo, anche qui ci sono differenze abissali tra il nord e il sud del Paese: mentre la componente intermediata rappresenta il 13,4% della spesa privata nel Nord (17,3% nel Nord Ovest e 8,0% nel Nord Est), e il 10,7% nel Centro, nel Sud e Isole è appena il 3,3% (ovvero circa un quarto di quella delle altre ripartizioni). Il Mezzogiorno, se non si metteranno in pratica politiche serie di sensibilizzazione e più incentivi, rischia quindi di rimanere escluso dallo sviluppo del secondo pilastro di Welfare sanitario, rendendo sempre meno sostenibile l’assistenza.
Ciò che il Rapporto ha evidenziato, tra le tante cose, è la “la necessità di definire nuove strategie di sviluppo del Servizio Sanitario Nazionale”, anche perché in futuro sarà sempre più difficile per il Ssn “mantenere (o forse più correttamente di raggiungere) la globalità della risposta assistenziale pubblica”.