Rapporto Osservasalute 2015 – per la prevenzione, l’Italia è la Cenerentola del mondo e la sanità pubblica mostra ancora una volta i suoi limiti. La soluzione? La sanità integrativa e le società di mutuo soccorso come Mutua MBA
L’aspettativa di vita degli italiani è in calo. Ad affermarlo è il rapporto “Osservasalute 2015”, pubblicato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane e presentato lo scorso 26 aprile. Nel 2015 la speranza di vita per gli uomini è stata 80,1 anni, per le donne 84,7 anni, mentre nel 2014 la speranza di vita alla nascita era maggiore e pari a 80,3 anni per gli uomini e 85,0 anni per le donne. Il calo è dovuto alla mancanza di prevenzione, all’obesità e a stili di vita poco salutari, al calo dei vaccini. Ora bisognerà vedere se si tratta di un fenomeno passeggero, o se il trend sarà confermato anche l’anno prossimo, ma si tratta comunque di un fenomeno che desta qualche preoccupazione.
Certo, il rapporto segnala anche dati positivi: sono aumentati gli “ultracentenari”, è diminuito il numero dei fumatori, così come è diminuita la sedentarietà. In calo anche il consumo di alcolici. Ma nel complesso gli italiani risultano ancora poco attenti alla propria salute e non adottano strategie preventive e stili di vita adeguati a proteggerli da malattie che altrimenti sarebbero evitabili. Ad esempio, sono aumentate le persone in sovrappeso (33,9% vs 36,2%), ma soprattutto è aumentata la quota degli obesi (8,5% vs 10,2%).
Secondo il Rapporto Osservasalute 2015, la crisi economica e le politiche di austerità hanno inciso sul bilancio pubblico destinato alla sanità, ma anche sui bilanci privati. E questo ha portato ad una riduzione delle politiche di prevenzione, a cui già il nostro Paese dedica pochissime risorse. Poca prevenzione significa non fare screening per la diagnosi precoce dei tumori, non vaccinarsi, non fare controlli e analisi regolarmente.
Il diritto alla salute, insomma, appare a rischio, la sanità pubblica sta mostrando sempre più i suoi limiti, soprattutto nelle regioni del Sud. Chi non può o non vuole rivolgersi al privato, fa meno prevenzione e non si cura adeguatamente. Come si legge nel rapporto Osservasalute 2015 , nel 2014 sono stati diagnosticati 115,8 nuovi casi di tumore colon-rettale ogni 100.000 uomini, (circa 34.500 nuovi casi), per le donne tale incidenza è pari a 80,3 per 100.000 donne, corrispondente a oltre 25.000 nuovi casi. Il tumore della mammella ha fatto registrare oltre 55.000 nuove diagnosi, 175,7 nuovi casi annui ogni 100.000 donne.
Inoltre, nel 2015, c’è stato un aumento consistente della mortalità, circa 54.000 decessi in più rispetto all’anno precedente. Secondo il dottor Solipaca, segretario scientifico dell’Osservatorio, “questo incremento è dovuto al costante aumento del numero delle persone molto anziane nel nostro Paese e all’andamento ciclico della mortalità osservabile nei dati in serie storica. Quindi tale incremento non deve destare particolare allarmismo, poiché è legato per lo più a fenomeni di natura demografica; merita però attenzione da parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) il fatto che alcuni decessi sono riconducibili all’ondata di calore sperimentata nell’estate 2015 e alla mortalità per complicanze dell’influenza nella popolazione anziana. Si tratta cioè di morti evitabili con efficaci politiche di prevenzione, in particolare con quelle finalizzate all’informazione e alla promozione della prevenzione primaria e agli interventi mirati all’aumento della copertura vaccinale antinfluenzale tra gli anziani”.
Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), l’Italia destina appena il 4,1% della spesa sanitaria totale alle attività di prevenzione. I LEA (livelli essenziali di assistenza) dovrebbero essere garantiti in maniera uniforme in tutto il Paese, ma di fatto, non è così, perché le Regioni in piano di rientro non rispettano gli standard stabiliti dal Ministero della Salute per le funzioni relative alla prevenzione. La spesa sanitaria pubblica è passata dai 112,5 miliardi di euro del 2010 ai 110,5 del 2014; parallelamente, c’è stata una lenta ma costante riduzione dei deficit regionali, conseguita però, in buona parte, attraverso il blocco o la riduzione del personale e il contenimento dei consumi sanitari.
Come ha commentato Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e Direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, “siamo la Cenerentola del mondo, l’ultimo paese a investire in prevenzione, a cominciare dalle vaccinazioni. E poi ci sono gli screening oncologici, mai partiti o che funzionano a macchia di leopardo, soprattutto per le donne. Ed è preoccupante che per la prima volta l’aspettativa di vita stia diminuendo. Oggi i cittadini di Campania e Sicilia hanno un’aspettativa di quattro anni in meno di vita rispetto a chi vive nelle Marche o in Trentino. Abbiamo perso in 15 anni i vantaggi acquisiti in quaranta. E se è vero che l’Italia ha uno dei migliori sistemi sanitari al mondo, questo vale però solo per una minoranza di italiani”.
I dati del rapporto evidenziano come lo stato di salute degli italiani sia tutto sommato buono. Piano piano, gli italiani stanno iniziando ad abbandonare le cattive abitudini, e gli stili di vita poco salutari. È chiara però la necessità di incentivare l’offerta e l’adesione ad attività di prevenzione primaria e secondaria e di attuare politiche socio-sanitarie ad hoc che affrontino i bisogni sanitari di una popolazione sempre più “vecchia” ed affetta da pluripatologie associate. Restano, sempre più evidenti, le differenze tra macroaree geografiche e tra singole regioni, differenze che influiscono negativamente sulla qualità dell’offerta dei servizi erogati e sull’equità dell’accesso. Le regioni più in difficoltà sono ancora quelle del Meridione.
Occorre incentivare la prevenzione, spingere i cittadini a prendersi cura di loro stessi e della propria salute. Il Servizio sanitario nazionale sta facendo fatica. Liste di attesa eterne ed episodi di malasanità stanno allontanando sempre più gli italiani. Per non parlare della corruzione: è di poche settimane fa la notizia che 10 milioni di italiani hanno effettuato visite mediche “in nero” e che altri due milioni hanno pagato “bustarelle” per ottenere favori.
Questa situazione apre la strada ad un maggiore coinvolgimento del mondo sanitario privato. Le società di mutuo soccorso, come Mutua MBA, rappresentano un’ottima alternativa ed integrazione al Servizio sanitario nazionale. Secondo dati recenti del Censis, la spesa sanitaria out of pocket, cioè quello che i cittadini pagano “di tasca propria”, senza alcuna intermediazione, per garantirsi le cure e il diritto alla salute, ammonta a circa 30 miliardi di euro all’anno, pari in media a poco più di 500 euro per ogni cittadino. La stessa cifra potrebbe invece essere investita in un sussidio, seguendo la logica della mutualità. Per aiutare le famiglie bisogna quindi facilitare la diffusione e l’utilizzo dei soggetti di intermediazione della spesa sanitaria privata, come le società di mutuo soccorso. In questo modo si contrasterebbe la mancanza di prevenzione e la rinuncia alle cure e il diritto alla salute sarebbe garantito a tutti. Mutua MBA è la più grande mutua sanitaria italiana per numero di soci, e accoglie senza alcuna distinzione persone di ogni età, professione, qualsiasi sia il loro stato di salute o storia clinica. Garantisce a tutti i soci un corretto e veloce accesso alle informazioni ed alla diagnosi precoce e, con i suoi sussidi innovativi, che rispondono alle esigenze e ai bisogni degli associati, persegue l’obiettivo di riportare il diritto alla salute al centro della vita di tutti. La sanità integrativa è la soluzione, e le società di mutuo soccorso sono la risposta alle mancanze del Servizio Sanitario Nazionale. Perché per MBA, come diceva Oscar Wilde, “La salute è il primo dovere della vita”.