Scrivere come un medico.
Non sbagliano i detti popolari e non c’è rischio di incorrere in errore se anche in questo caso riproponiamo una vox populi ripresa niente poco di meno che dal Ministero della Salute che esorta tutti i medici a scrivere le ricette sanitaria con una grafia leggibile da parte di tutti.
Sigle, abbreviazioni, numeri e largo uso del corsivo troppo spesso rendono impossibile l’interpretazione, tanto che ormai la brutta scrittura dei camici bianchi è un fatto acquisito.
Il modo in cui vengono scritte le prescrizioni, come anche sottolinea Repubblica, non è solo oggetto di battute o di tradizioni popolari, ma entra a far parte di un sistema burocratico che se non compreso o male interpretato potrebbe causare conseguenze sanitarie. Stando infatti a uno studio statunitense il 4,7% degli errori medici sono riconducibili all’uso di abbreviazioni difficili da capire.
La Direzione generale della programmazione sanitaria del ministero alla Salute ha inviato una raccomandazione a tutte le Regioni perché intervengano presso tutti i medici, da quelli ospedalieri a quelli di famiglia e pediatri. “Scrivere bene e leggibile”: è la sintesi. “Gli errori conseguenti all’uso di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli possono interessare tutte le fasi di gestione del farmaco in ospedale e sul territorio – si legge nel documento – Una brutta grafia, ad esempio, può rendere difficile la comprensione di una prescrizione e causare errori nella dispensazione di una terapia farmacologica”.
Intanto “in caso di scrittura a mano è necessario usare lo stampatello”. Poi, sempre nell’ottica di agevolare i pazienti, alle volte troppo anziani o con difficoltà di vista, è anche richiesta una riduzione minima dell’uso di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli e comunque di farne un elenco ufficiale, perché ognuno adesso fa quello che gli pare e ogni medico ha un modo suo di esprimersi.
Poi ci sono richieste come quella di scrivere per intero il nome dei principi attivi e di usare i numeri arabi anziché quelli romani. Si chiede di “non mettere lo zero dopo la virgola per le dosi espresse da numeri interi”. Per colpa di una calligrafia poco chiara, un 2,0 milligrammi potrebbe facilmente diventare un 20, con conseguenze immaginabili. Sempre riguardo ai numeri, infine, si chiede di mettere il punto prima dei tre zeri delle migliaia.
Certo, si taglierebbe la testa al toro con la prescrizione informatizzata, un modo per cancellare definitivamente il mito vero dei medici che scrivono male.
La ricetta, oggi sempre di più sostituita nella sua variante elettronica, è l’indicazione scritta di tutte le norme che si devono seguire riguardo alla qualità, alla dose, alla forma dei medicamenti e al modo di prepararli è di prenderli.
È un importante strumento di lettura tanto per il farmacista quanto per il paziente. Di ricetta medica parlavano già gli antichi egizi: si pensi infatti al papiro Ebers nel quale sono raccolte le ricette egiziane estremamente complesse per il numero dei medicamenti che le componevano (dieci-dodici), e dello stesso genere sono le ricette dei medici greci e arabi.
Da sempre tuttavia i medici sono stati esortati a rendere queste “speciali richieste” leggibili e più semplici di quanto non lo siano per loro natura. A questo punto nacque la cosiddetta “ricetta bianca”, scritta su un classico foglio bianco e contenente i dati fondamentali: nome e cognome del medico ed eventuale struttura sanitaria di appartenenza; nome del farmaco o del principio attivo; luogo e data di compilazione della ricetta; firma autografa del medico.
Sulle ricette ripetibili non è invece importante indicare il nome e cognome dell’assistito, eccetto che il paziente stesso lo richieda o a meno che il medico lo ritenga indispensabile per un’effettiva necessità derivante dalle particolari condizioni del paziente o da una speciale modalità di preparazione o di utilizzazione. Tornando invece alla scrittura, non vanno scritte necessariamente a mano, può essere anche composta a computer. Un modo questo prediletto da molti dal momento che è la giusta soluzione per evitare fraintendimenti od equivoci per il paziente o il farmacista.