Sensibilizzare i paesi sulla necessità di una ampia strategia di popolazione multisettoriale e incoraggiare le aziende alimentari a ridurre il sale nei loro prodotti, considerato che circa tre quarti del sale consumato è già presente in cibi processati e confezionati. È questo lo scopo della Settimana mondiale di sensibilizzazione per la riduzione del consumo alimentare di sale promossa dalla World Action on Salt, Sugar and Health (WASSH) a partire da oggi, lunedì 24, fino a domenica 20 marzo.
L’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) raccomanda di consumare meno di 5 grammi di sale al giorno, tra quello già presente negli alimenti e quello aggiunto, quanto un cucchiaino da tè, corrispondenti a circa 2 grammi al giorno di sodio. Un consumo eccessivo di sale provoca un aumento della pressione arteriosa, con relativo incremento del rischio di gravi patologie cardio-cerebrovascolari correlate all’ipertensione arteriosa, quali infarto del miocardio e ictus cerebrale, ed è stato associato ad altre malattie cronico-degenerative, quali tumori, in particolare dello stomaco, osteoporosi e malattie renali. Dal 2020 l’Associazione mondiale prevede anche un focus su zucchero e calorie in eccesso, che mira a ridurre l’introito dello zucchero aggiunto ampliando gli aspetti della riformulazione per aiutare i Paesi di tutto il mondo ad adottare un’alimentazione più sana.
Nel mondo il consumo quotidiano di sale è in media il doppio del valore raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità. In Italia nel periodo 2018-2019 è stato riscontrato un consumo medio giornaliero di sale pari a 9,5 grammi negli uomini e 7,2 grammi nelle donne, risultando inferiore a 5 grammi al giorno soltanto nel 9% degli uomini e nel 23% delle donne. Tali valori risultano in miglioramento rispetto a quelli riscontrati nel periodo 2008-2012 (10,8 g negli uomini e 8,3 g nelle donne, con un consumo inferiore a 5 grammi al dì nel 4% degli uomini e nel 15% delle donne), sebbene restino ancora ben al di sopra di quello raccomandato dall’OMS.
Risulta pertanto essenziale proseguire l’impegno da parte delle aziende alimentari, delle Istituzioni e dei cittadini per la riduzione dell’introito di sodio attraverso la riformulazione dei prodotti alimentari e il minor ricorso all’utilizzo del sale in cucina e a tavola.
Cosa si può fare per ridurre il consumo di sale? Leggere con cura l’etichetta nutrizionale per individuare, in ciascuna categoria, i prodotti a minore contenuto di sale e cercare i prodotti a basso contenuto di sale, inferiore a 0,3 grammi per 100 grammi (corrispondenti a 0,12 grammi di sodio); ridurre l’uso di sale aggiunto in cucina, prediligendo minime quantità di sale iodato; limitare l’uso di altri condimenti contenenti sodio (dadi da brodo, maionese, salse) e utilizzare in alternativa spezie, erbe aromatiche, succo di limone o aceto per insaporire ed esaltare il sapore dei cibi; non presentare in tavola sale o salse salate; ridurre il consumo di alimenti trasformati ricchi di sale (snack salati, patatine in sacchetto, alcuni salumi e formaggi, cibi in scatola); lavare per bene e correttamente verdure e legumi in scatola, prima di consumarli.