I ricercatori del San Raffaele hanno scoperto un ruolo importante della flora batterica intestinale nella patogenesi della sclerosi multipla.
Una recente ricerca firmata da un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele – una delle 18 strutture d’eccellenza del Gruppo Ospedaliero San Donato – e pubblicata su Science Advances ha dimostrato che nell’intestino dei pazienti colpiti da sclerosi multipla recidivante-remittente, durante le fasi che precedono la riattivazione della malattia, c’è un’alterazione della flora batterica (microbiota) intestinale e una corrispondente proliferazione di un tipo di globuli bianchi, considerati fondamentali nello sviluppo della patologia.
Lo studio è stato coordinato da Marika Falcone, ricercatrice della Divisione di Immunologia, trapianti e malattie infettive, e Vittorio Martinelli, neurologo del Centro Sclerosi Multipla, diretto dal professor Giancarlo Comi, ed è stato realizzato con la collaborazione dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) e della sua Fondazione (FISM). I prossimi studi dovranno confermare questi risultati, e l’ipotesi di un ruolo importante dell’intestino nell’evoluzione della malattia. Secondo i ricercatori infatti, l’attivazione patologica delle cellule del sistema immunitario avviene principalmente nell’intestino, meccanismo già provato nel caso dell’Encefalite Autoimmune Sperimentale (EAE), il modello sperimentale della sclerosi multipla.
I ricercatori hanno analizzato i tessuti dell’intestino di 19 individui con sclerosi multipla recidivante-remittente (SM-RR) e di 18 persone sane. Il primo gruppo, dopo due anni dalla raccolta dei campioni, è stato diviso poi in altri due sottogruppi: pazienti con la malattia in fase attiva e pazienti in fase di remissione (nella SM-RR le due fasi si alternano con tempi e ritmi eterogenei). I ricercatori hanno quindi censito in questi soggetti le popolazioni di batteri e di cellule del sistema immunitario presenti a livello intestinale, mettendo in relazione questi dati con lo stato di attività della malattia.
I risultati hanno evidenziato che nei tessuti intestinali dei pazienti con la malattia in fase attiva era presente, al momento dell’analisi, una quantità aumentata di un tipo specifico di linfociti T, chiamati linfociti TH17. Come ha dichiarato Marika Falcone, “sappiamo già che nella sclerosi multipla queste cellule del sistema immunitario sono le prime a superare la barriera ematoencefalica e a raggiungere il sistema nervoso centrale, contribuendo al danno del rivestimento mielinico. Non solo, ma una molecola da loro prodotta – la citochina IL-17 – è presente in alte dosi nelle lesioni cerebrali tipiche della malattia”.
Si tratta, in sostanza, di alcune tra le cellule del sistema immunitario più fortemente indiziate come responsabili della sclerosi multipla.
Gli scienziati hanno poi cercato di capire se l’espansione di cellule TH17 nell’intestino dei pazienti fosse associata a uno squilibrio delle popolazioni batteriche che normalmente abitano nel lume intestinale e che regolano varie attività del nostro organismo, come il funzionamento del sistema immunitario. L’analisi della flora batterica intestinale ha dimostrato che i pazienti con malattia attiva (con ricadute cliniche o documentate dalla Risonanza Magnetica) avevano due importanti anomalie: una quantità ridotta di Prevotella, batterio che riduce il differenziamento dei linfociti in cellule TH17 e, al contrario, un aumento della presenza di due ceppi di Streptococco (S. oralis and S. mitis), che solitamente risiedono nella cavità orale e che hanno notevoli capacità infiammatorie.
“I risultati del nostro studio suggeriscono un ruolo importante della flora batterica intestinale nella patogenesi della sclerosi multipla recidivante-remittente”, ha detto ancora Marika Falcone. “Ciò non deve stupire. Le popolazioni batteriche che vivono nel nostro intestino interagiscono continuamente con il sistema immunitario. L’alterazione del loro equilibrio favorisce uno squilibrio immunologico a livello intestinale ma anche sistemico, con conseguenze importanti nel campo di tutte le malattie immuno-mediate e, in particolare, delle malattie autoimmuni, come la sclerosi multipla o il diabete di tipo 1”.
“Lo studio sulle possibili relazioni tra microbiota e sclerosi multipla, campo nuovo ma in rapida espansione, non è importante solo per la comprensione dei meccanismi patogenetici della SM, ma potrebbe anche avere un ruolo nel decorso della malattia e nella risposta ai trattamenti”, ha concluso il dottor Vittorio Martinelli.