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IL RUOLO DELLE SOCIETA' DI MUTUO SOCCORSO NEL NUOVO WELFARE
Lunghe liste d’attesa e ticket cari, gli italiani non si curano più, dal Censis arriva l’ennesima conferma che il SSN non riesce a soddisfare la sempre crescente domanda di salute degli italiani: le società di mutuo soccorso possono essere una risposta.
I dati dell’ultima ricerca del Censis sullo stato della sanità in Italia, presentata lo scorso 8 giugno, non fanno altro che confermare quello che già è chiaro ormai da tempo: la crisi del Servizio Sanitario Nazionale. Forse anche per i continui tagli, la qualità e l’efficacia della sanità pubblica peggiora di giorno in giorno, e sta progressivamente diventando inadeguata da tutti i punti di vista: strutture, assistenza, tempi di attesa. I ticket, poi, oramai sono arrivati ad essere equiparabili con le tariffe del privato.
Tutto questo si accompagna ad un’ascesa della sanità privata, oltre che ad una quota sempre più vasta di cittadini che, non avendo una disponibilità economica adeguata, rinunciano o rinviano le visite o le terapie. E ciò avviene in un Paese sempre più anziano, in cui la domanda di assistenza e di sanità cresce sempre più. Ma lo Stato, da solo, non è in grado di rispondere.
In questo quadro, cresce la legittimazione sociale della sanità integrativa, sempre più considerata come un’opportunità, utile per colmare le lacune del servizio pubblico e per rispondere alla domanda di salute dei cittadini.
Veniamo ai dati del Censis: per la maggioranza degli italiani il Servizio sanitario della propria regione è peggiorato negli ultimi due anni (lo pensa il 45,1% degli italiani, +2,4% rispetto al 2015). Nelle regioni del Sud Italia il peggioramento riguarda strutture e servizi che erano già considerati scarsi e inadeguati rispetto ai fabbisogni sanitari locali. Sono 10,2 milioni gli italiani che dichiarano di aver fatto ricorso al privato negli ultimi anni. Il motivo principale è la lunghezza delle liste di attesa, in certi posti davvero insostenibile, ma ci sono anche ragioni più di comodità, legate agli orari lunghi o all’apertura nel weekend o alla contrazione della matrice di prestazioni offerte nel servizio sanitario pubblico. Liste di attesa lunghissime hanno spinto 7 milioni di italiani in un anno a fare ricorso all’intramoenia. A volte (22,9%) è stato proprio il medico a consigliare la sanità a pagamento all’interno delle strutture pubbliche. Per usufruire del sistema sanitario pubblico devi aspettare tanto, troppo. E una volta ottenuto il tanto desiderato e atteso appuntamento, si affrontano costi che non sono molto lontani da quello proposti dal privato.
Ma il dato che più di tutti colpisce ancora è che continua ad aumentare il numero di italiani che rinuncia o rinvia cure o prestazioni sanitarie: nel 2012 erano 9 milioni, ora sono oltre 11. Anziani ma anche giovani, nati tra gli anni ’80 e il 2000. Quindi: meno sanità pubblica, più sanità privata, ma anche meno sanità – e meno salute – per chi ha difficoltà economiche.
La spesa sanitaria privata nel 2015 è salita a 34,5 miliardi di euro, con un aumento reale di +3,2% rispetto al 2013: un vero e proprio boom. Tra il 2012 e il 2016, la sanità pubblica ha perso 6,79 miliardi di euro. E il futuro non fa ben sperare: il Def per il 2016 prevede una progressiva diminuzione della quota di Pil destinata al finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, portando a servizi più cari e di minore qualità. Qui si inserisce la sanità integrativa. Secondo il Censis, il 57,1% degli italiani è a favore del cosiddetto “secondo pilastro”, e sono 26,5 milioni gli italiani che si dicono propensi ad aderirvi.
Se utilizzassero risorse annuali pari alla spesa sanitaria privata procapite potrebbero mettere in moto risorse pari a 15 miliardi di euro l’anno. Grazie al meccanismo della mutualità, con le stesse risorse si potrebbero acquistare quantità più elevate di prestazioni rispetto a quanto si fa oggi sui mercati molecolari privati.
Sta quindi crescendo l’attenzione per la sanità integrativa. All’interno del settore, le società di mutuo soccorso devono giocare un ruolo di primissimo piano.
Si potrà pensare: perché una società di mutuo soccorso e non una assicurazione? Innanzitutto, le mutue, a differenza delle assicurazioni, non hanno scopo di lucro, regolamentate dalla normativa che si fonda sulla legge del 15 Aprile 1886 n. 3818. E offrono agli associati diversi vantaggi: in primis, non fanno discriminazione alle persone assistite; in secondo luogo, non esercitano il diritto di recesso, garantendo così l’assistenza per tutta la vita. Il perseguimento dell’interesse generale, la centralità del socio, il rispetto della dignità umana, la durata dell’assistenza per tutta la vita, la partecipazione e la trasparenza, la difesa del diritto alla salute, garantito dalla Costituzione, attraverso l’integrazione con il servizio pubblico e la collaborazione con le istituzioni, sono alcuni dei principi su cui si regge ogni società di mutuo soccorso, che ha come obiettivo principale garantire una buona qualità di vita e una buona salute ai cittadini.
La più grande società di mutuo soccorso per numero di soci è Mutua Mba: la sua mission è salvaguardare la salute e la qualità di vita dei propri associati. Per questo, cerca sempre di sviluppare nuove coperture sanitarie che soddisfino le aspettative di tutti e di ottenere convenzioni mediche strategiche e il coinvolgimento delle migliori strutture private.
L’offerta mutualistica comprende diverse prestazioni, dal ricovero con o senza intervento anche in regime di Day-Hospital, a grandi interventi chirurgici, dalle visite specialistiche e l’alta diagnostica, al check up oncologico e cardiovascolare. I sussidi proposti sono all’avanguardia in tema di prevenzione, salute, assistenza e sostegno. E ancora, grazie ad un sistema di gestione moderno e ben sperimentato, ai tutti i soci viene assicurato un corretto e veloce accesso alle informazioni ed alla diagnosi precoce.
Il ruolo delle società di mutuo soccorso si può agganciare a quella che sta diventando un’altra grande realtà nel nostro Paese: il welfare aziendale. Forti della convinzione che esiste uno stretto legame tra benessere dei dipendenti, produttività ed engagement, sempre più aziende mettono a punto “pacchetti” di benefit per i propri dipendenti. Tra i servizi più richiesti vi è proprio il sussidio sanitario.
Una buona opportunità per le aziende e per i dipendenti, che porterebbe a vantaggi fiscali, sociali, e reputazionali, oltre che a un “decollo” per la sanità integrativa, potrebbe essere quella di agganciare le tutele di welfare al premio di produttività. Si parte dalla legge di Stabilità 2016: un decreto attuativo prevede una tassazione agevolata, con imposta sostitutiva del 10%, per i premi di risultato e per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa. Il beneficio fiscale potrebbe essere esteso anche alle forme di sanità integrativa verso professionisti e lavoratori autonomi.