Una richiesta formale e a firma del Ministro della Salute Roberto Speranza è stata depositata sul banco del Consiglio Superiore di Sanità riaccendendo i riflettori sull’aborto in Italia alla luce delle più recenti evidenze scientifiche (e non meno di un acceso dibattito politico). Focus della comunicazione è il metodo farmacologico affrontato sempre negli scorsi giorni dalla governatrice della Regione Umbria Donatella Tesei che, seguendo l’esempio di Toscana, Emilia-Romagna, Lazio e Liguria, ha cancellato la delibera regionale che consentiva di effettuare l’aborto farmacologico con la RU486 (antiprogestinico di sintesi utilizzato come farmaco per indurre l’interruzione della gravidanza farmacologica) senza il ricovero in ospedale.
Lo scopo – ha fatto sapere lo stesso Speranza – è capire se la salute della donna sia tutelata anche con il semplice day hospital o se invece siano necessari tre giorni di ricovero in ospedale come stabiliva l’ultimo parere in materia. Non è un caso che, a differenza di quanto deciso dai vertici regionali umbri, le linee guida del Ministero della Sanità emanate nel 2010, quando la Ru486 è approdata negli ospedali italiani, consigliano tre giorni di ricovero.
Come specificato dal Ministero, oggi in Italia la donna può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Dal 1978 questo intervento è regolamentato dalla Legge 194 (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_normativa_845_allegato.pdf), vero e proprio punto di riferimento per le procedure da seguire nel caso in cui la donna intenda abortire. Nello specifico, la norma indica un esame delle possibili soluzioni dei problemi proposti, un sostegno alla rimozione delle cause che porterebbero all’interruzione volontaria della gravidanza, una certificazione e l’invito a soprassedere per sette giorni in assenza di urgenza, sia entro che oltre i primi 90 giorni di gravidanza.
Uno dei pilastri su cui regge la legge è proprio la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell’aborto attraverso la rete dei consultori familiari, un obiettivo che si intende perseguire nell’ambito delle politiche di tutela della salute delle donne. Un’analisi del fenomeno IVG è contenuta nelle relazioni che il ministro della Salute annualmente presenta al Parlamento.
Al momento in Italia l’aborto si può eseguire basandosi su due tecniche, il metodo farmacologico e quello chirurgico. Stando a una prima analisi, il metodo farmacologico è quello maggiormente prediletto dalle donne, ma c’è da dire che non sono poche coloro che propendono per il metodo chirurgico che può essere effettuato presso le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale e le strutture private convenzionate e autorizzate dalle Regioni.