Un bambino di tre anni di Prato è stato portato d’urgenza al Pronto soccorso per annegamento. Il ricovero è avvenuto dopo che il piccolo bagnante era stato rianimato dal bagnino a bordo vasca. Si tratta di uno dei primi casi di sindrome di annegamento che caratterizzano, drammaticamente, le stagioni estive. In Italia infatti annualmente i casi di incidenti in acqua che provocano la morte o l’immediato trasferimento in ospedale sono circa 1000, con una mortalità che si avvicina al 50%. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità ogni anno, in Europa, perdono la vita circa 5.000 bambini tra 1 e 4 anni e, nel mondo, sono circa 175.000 i decessi dovuti all’annegamento nella fascia d’età 0-17 anni. Spesso capita che la maggior parte degli annegamenti e pre-annegamenti che coinvolgono i minori avvengono in piscina. Il sesso più a rischio è quello maschile, dovuto ad un contatto superiore con l’ambiente acquatico e un maggior consumo di alcool, che comporta una diminuita capacità di reazione e una sottovalutazione del pericolo.
Secondo la definizione data nel 2002 dal World Congress of Drowning, con il termine “annegamento” si fa riferimento al deficit respiratorio causato dalla sommersione o immersione in un liquido, indipendentemente dal fatto che essa risulti fatale o meno. Questo fenomeno rappresenta la principale causa di mortalità e morbidità “incidente-correlata” a livello mondiale nei bambini di età compresa tra 1 e 14 anni. L’annegamento può avere diversi outcomes (conseguenze), provocare la morte, determinare effetti permanenti più o meno acuti, soprattutto sul piano neurologico. Nei lattanti l’annegamento è spesso il risultato di un’inadeguata supervisione vicino o dentro l’acqua. Nella prima infanzia la naturale curiosità e la mancanza di percezione di pericolo possono determinare l’allontanamento dei bambini dall’adulto verso uno specchio d’acqua. Nei bambini più grandi e negli adolescenti invece, il pericolo principale è rappresentato dai comportamenti a rischio quali ad esempio i tuffi o l’uso di alcool o droghe.
Cosa fare? Se il paziente è in stato di apnea, si deve avviare la ventilazione di soccorso immediatamente in acqua, se necessario. Se è necessario bisogna procedere con l’immobilizzazione spinale da eseguire in posizione neutra; la ventilazione di soccorso invece deve essere eseguita o sublussando la mandibola senza iper-estendere il capo o sollevando il mento. Inoltre, è necessario allertare i servizi medici di emergenza. Qualora il paziente non dovesse rispondere alle ventilazioni di soccorso, si raccomanda di procedere con le compressioni cardiache. A seguire devono essere praticate l’ossigenoterapia, l’intubazione orotracheale. I pazienti ipotermici vanno riscaldati il più presto possibile. Misure immediate per il trattamento possono includere rimozione degli abiti, il riscaldamento, e l’isolamento. Devono essere presi in considerazione sforzi prolungati di rianimazione soprattutto nei pazienti giovani coinvolti in annegamenti in acqua fredda.