Una bambina di soli 16 mesi deceduta per aver contratto una grave infezione intestinale, chiamata Seu – Sindrome emolitico – uremica, malattia che colpisce prevalentemente i bambini nei primi anni di vita e gli anziani e generalmente si manifesta con diarrea, spesso emorragica, vomito e dolore addominale, ai quali fa seguito la comparsa di anemia emolitica, trombocitopenia e insufficienza renale, che comportano nella maggior parte dei casi il ricorso alla dialisi.
Un altro bimbo di un anno e mezzo, sempre di Altamura, è ricoverato con la stessa malattia nello stesso ospedale. Le sue condizioni sono gravi ma stazionarie. Secondo notizie non confermate, ci sarebbero altri due casi. Stando a quello che riportano i media, anche nel 2013 in Puglia si manifestarono diversi casi ma la situazione rimase sotto controllo. Il ministero ha chiesto alle autorità sanitarie pugliesi di intervenire per identificare le cause responsabili della Seu, e disporre i provvedimenti a tutela dell’igiene e della salute pubblica. Ma che cos’è la Seu e come si può manifesta?
La sindrome emolitico-uremica è una malattia acuta di notevole gravità. L’Istituto Superiore di Sanità sul proprio sito web riporta tutte le misure per contrastare la malattia: quando si verificano casi di Seu in comunità scolastiche, specialmente scuole materne e asili nido, occorre prestare particolare attenzione ad evitare che l’infezione si trasmetta ad altri bambini. I sintomi sono diarrea e vomito. Nel giro di alcuni giorni la tossina prodotta dal batterio e assorbita attraverso la parete intestinale raggiunge il rene e determina i sintomi di insufficienza renale: oliguria (scarsa produzione di urine) o anuria (assente produzione di urine). Oltre all’insufficienza renale nei pazienti con Seu sono presenti anemia emolitica (globuli rossi frammentati ed emoglobina ridotta) e piastrinopenia (piastrine in numero ridotto).
La causa, spiegano gli esperti, nel 70-80% dei casi è provocata da un’infezione intestinale sostenuta da un batterio capace di produrre nell’intestino una potente tossina che entra nel circolo sanguigno e colpisce soprattutto il rene. Il batterio fa parte della specie Escherichia coli e la tossina viene chiamata vero-citotossina o shiga-tossina. Il batterio viene perciò definito E. coli produttore di verocitotossina o VTEC. Il sierotipo VTEC più importante è E. coli O157. In un numero ridotto di casi la malattia è provocata da cause genetiche.
I ruminanti, in particolare i bovini, sono frequentemente portatori asintomatici dei VTEC, a livello intestinale. Le loro feci possono quindi contaminare la carne e il latte durante la macellazione e la mungitura. Qualora la carne sia contaminata e venga consumata poco cotta, il germe può essere trasmesso all’uomo. Nel caso del latte, solo il latte non pastorizzato (crudo) può essere veicolo di infezione. E’ possibile, inoltre, che l’infezione venga trasmessa da una persona infetta (con gastroenterite) a una persona sana. Questa modalità di trasmissione è stata frequentemente documentata nelle famiglie con bambini (tra genitori e bambini oppure tra fratelli). Inoltre, l’infezione può avvenire per contatto diretto con gli animali o con acqua e vegetali contaminati da feci di ruminanti. Il periodo di incubazione dell’infezione da VTEC (tempo tra l’ingestione del batterio e l’inizio dei sintomi) è compreso tra 1 e 5 giorni.
Qual è la terapia da seguire?
Nelle fasi precoci dell’infezione da VTEC la diarrea è del tutto aspecifica, cioè non presenta caratteristiche particolari che consentono di distinguere quale agente infettante ne sia la causa. Come nella maggior parte delle diarree infettive, la terapia antibiotica non è necessaria e può perfino essere controindicata. E’ opportuno monitorare il quadro ematologico e la funzione renale dei pazienti con sospetta infezione intestinale da VTEC, valutando la quantità di urina prodotta e altri segni che possono facilmente essere evidenziati da un normale esame delle urine. Durante la fase di insufficienza renale è indispensabile il ricovero presso un centro ospedaliero specializzato in nefrologia. La dialisi e la plasmaferesi vengono utilizzate per supportare la funzione renale e facilitare l’eliminazione di sostanze tossiche dall’organismo.
Abbiamo chiesto il parere delle dottoressa Federica Fabris, Gastroenterologa.
“La SEU e’ caratterizzata da insufficienza renale acuta, anemia emolitica e da trombocitopenia e si distingue una forma più comune associata ad una tossina batterica (circa 80% dei casi) da una forma non tossica (più comune negli adulti). Nella forma tossica, il danno e’ conseguente alla liberazione della tossina a livello intestinale che deteriora l’integrità della mucosa e da li’ procede alla diffusione all’interno del corpo umano. In Nord America ed Europa la formazione di tale tossina avviene dopo infezione batterica, più comunemente da E. coli sierotipo O157:H7, mentre in Asia e Africa avviene in genere dopo infezione da Shigella dyssenteriae. Va comunque ricordato che l’infezione da E. coli non comporta automaticamente lo sviluppo della SEU. Infatti questa si manifesta circa nel 15% dei bambini infettati e nonostante i recenti casi segnalati, resta una condizione rara che colpisce un bambino ogni 100 000 per anno.
Le vie di infezione più comuni sono da ingestione di carne bovina non propriamente cotta, da acqua contaminata da feci infette o direttamente dalle feci di una persona già infettata. Pertanto la miglior forma di prevenzione consiste in adoperare le corrette norme igieniche alimentari e personali.
Nei bambini con SEU l’insufficienza renale acuta si manifesta nel 55-70% dei casi ma l’85% dei bambini recupera una piena funzionalità renale con adeguata terapia di supporto. Il 15-20% dei bambini può pero’ sviluppare ipertensione arteriosa nei 3-5 anni successivi, a seguito del danno renale subito. La prognosi della SEU non tossica e’ invece più severa con una mortalità del 25% durante la fase acuta. Inoltre il 50% dei pazienti va incontro a malattia renale all’ultimo stadio o a danno cerebrale irreversibile
Purtroppo non esiste una cura specifica per la SEU, ma e’ importante riconoscerne i segni precocemente in modo da monitorare le condizioni cliniche del paziente e mettere subito in atto le corrette terapie di supporto (idratazione, probiotici e quando necessario plasmaferesi e dialisi). Nonostante la SEU tossica sia causata da infezione batterica, si e’ visto che l’uso degli antibiotici non previene l’insorgenza di complicanze ma anzi può incrementare la quantità di tossina presente nel corpo umano.Nella SEU non tossica sono stati utilizzati farmaci immunosoppressivi con risultati incoraggianti, ma ad oggi non esiste ancora alcun protocollo terapeutico standardizzato”.
L’unico modo per contrastare la diffusione, spiegano sempre gli esperti, è quello di rispettare le normali regole di igiene personale e alimentare come lavarsi le mani, pulire accuratamente frutta e verdura, conservare e cuocere correttamente gli alimenti.