Certo sono più sapiente io di quest’uomo, anche se poi, probabilmente, tutti e due non sappiamo proprio un bel niente; soltanto che lui crede di sapere e non sa nulla, mentre io, se non so niente, ne sono per lo meno convinto, perciò, un tantino di più ne so di costui, non fosse altro per il fatto che ciò che non so, nemmeno credo di saperlo. (Platone, “Apologia di Socrate”)
Cosa direbbe Socrate nel mondo di oggi, dove fra Facebook, tv e social vari impazzano slogan, dibattiti accesi fondati sul nulla, affermazioni opinabilissime propugnate come verità assolute e dove soprattutto domina il famigerato “so-tutto-io”?
L’antitesi del Dubbio socratico, questo personaggio che, appunto, sa sempre tutto di tutto, e che considera se stesso una spanna al di sopra di chiunque in termini di competenza e affidabilità, è stato di recente oggetto di uno studio pubblicato lo scorso Maggio sul Journal of Experimental Social Psychology.
Chiariamo subito che qui non si parla di coloro che, a fronte di situazioni particolari, bluffano o improvvisano in modo consapevole, ostentando finta sicurezza per cavarsi di impaccio (abbiamo tutti aneddoti da interrogazione scolastica).
Gli individui presi in esame sono proprio convinti in buona fede di saperne più degli altri e si sentono quindi non in diritto, ma quasi in dovere di affermare in modo perentorio il proprio punto di vista in qualunque campo.
Lo studio condotto da due ricercatori dell’Università del Michigan ha sottoposto il campione di persone selezionate a una sequenza di test molto precisi su quattro diversi argomenti politici. Sono emersi alcuni tratti comuni:
• Maggiore è la convinzione di essere nel giusto, maggiore è il divario fra convinzione e realtà.
• A fronte della possibilità di approfondire ulteriormente l’argomento, chi si considera nel giusto tende a preferire le fonti a proprio favore, pur nella consapevolezza di aver scartato quelle discordanti.
• Solo quando poste di fronte all’evidenza, queste persone accettano di prendere in considerazione le fonti precedentemente scartate pur manifestando molta riluttanza a rinunciare alla convinzione di essere comunque nel giusto.
Quello che comunemente viene definito “complesso di superiorità” cela in realtà insicurezze e fragilità di fondo, che sottintendono la difficoltà ad aprirsi al cambiamento, e potrebbe anche essere in casi specifici parte delle strategie di adattamento tipiche di alcune condizioni quali il disturbo da deficit di attenzione o da personalità narcisistica.
Al di là di facili ironie o di un generico senso di fastidio, quindi, come dobbiamo comportarci se incontriamo un “so-tutto-io”, in modo da evitare etichette antipatiche, attenuare conflitti o attriti e offrire reale supporto?
La terapista familiare e di coppia Linda Lewis Griffith, nella sua rubrica sul The Tribune, suggerisce alcune tecniche di interazione: cercare di essere pazienti e comprensivi; resistere alla tentazione di cadere nella contraddizione ostinata, ma allo stesso tempo definire i propri limiti e affermare con chiarezza la propria opinione; non sminuire o ridicolizzare, piuttosto evidenziare competenze e lati positivi dell’interlocutore; offrire feedback mirati e, soprattutto, cercare di non prenderla mai sul personale.