Una delle dipendenze più comuni in Italia, ma non cambia di molto nel resto del mondo, è quella dal tabacco. Una sigaretta appena svegli, un’altra prima di entrare in ufficio e a seguire in pausa, a metà mattinata, dopo pranzo, nel pomeriggio, e a sera con gli amici. Ma quanto fumano gli italiani?
Stando ai dati forniti lo scorso anno dal Ministero della Salute, il 20,5% della popolazione italiana sopra i 15 anni (10,5 milioni di persone, il 25,1% degli uomini e il 16,3% delle donne) fa uso di sigarette e simili, questo nonostante a partire dal 20 marzo sia scattata una nuova tranche di aumenti che ha ritoccato le accise, elevando il prezzo da 10 a 20 centesimi a pacchetto. Cresce inoltre la media del numero delle sigarette fumate: 12,2 al giorno e un quarto dei fumatori supera le 20. Si fuma maggiormente nelle regioni del sud (29,7% uomini, 18,9% donne) rispetto al centro (23,0% uomini, 12,5% donne) e l’età media dei fumatori si assesta intorno ai 46 anni. Tra i fumatori l’81,1% consuma sigarette confezionate, l’11,2% sigarette fatte a mano, il 14% sigarette a tabacco riscaldato e il 5% e-cig (che, a differenza di quanto si possa erroneamente ritenere, provocano danni irritativi locali alle vie respiratorie e hanno comunque effetti nocivi sul sistema cardiovascolari).
Preoccupano tuttavia gli adolescenti: dal 2016, e dopo la pandemia da Covid-19, in Italia si registra un incremento della dipendenza da fumo di sigaretta. L’età media in cui i giovanissimi si avvicinano per la prima volta al fumo si è abbassata in modo significativo nel corso degli anni, ed è ad oggi compresa tra i 12 e i 18 anni.
In vista della Giornata mondiale senza tabacco, che si celebra il 31 maggio su iniziativa dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sui pericoli del consumo di tabacco e sull’esposizione al fumo passivo, la Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus è tornata sul tema ribadendo i pericoli del fumo e le situazioni di rischio per la salute che da questa dipendenza derivano. Il fumo, ribadisce l’ente la cui mission si basa sulla centralità della persona, colta nella sua integralità, accresce per molti il rischio di tumore. A tutti è nota la relazione tra fumo e tumore polmonare, ma anche altre patologie oncologiche sono legate in diversa misura al fumo di tabacco, come i tumori del cavo orale e della gola, dell’esofago, del pancreas, del colon, della vescica, della prostata, del rene, del seno, delle ovaie.
Il fumo rappresenta anche il principale fattore di rischio per le malattie respiratorie non neoplastiche, fra cui la broncopneumopatia cronica ostruttiva, episodi asmatici, infezioni respiratorie ricorrenti ed è uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare: un fumatore ha un rischio di mortalità, a causa di una coronaropatia, superiore da 3 a 5 volte rispetto a un non fumatore. Una persona che fuma per tutta la vita ha il 50% di probabilità di morire per una patologia dovuta al fumo che, tra l’altro, è un fattore di rischio per lo sviluppo e la progressione di un precoce danno renale diabetico e per il peggioramento della retinopatia nei giovani soggetti diabetici. Il fumo poi produce conseguenze estetiche visibili, come gengive bianche, ingiallimento dei denti, invecchiamento della pelle e rughe.