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Torna l'aviaria in Italia. Allerta massima per Germania e Cina
Dopo sette anni, torna l’aviaria anche in Italia: l’Organizzazione mondiale per la salute animale (Oie) e l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (Izsve) hanno segnalato un vero e proprio focolaio in un allevamento di pollame in provincia di Venezia.
L’ aviaria ritorna anche in Italia. Non se ne sentiva parlare da qualche anno, e cioè da quando nel 2009 una variante fino ad allora sconosciuta del virus H1N1 causò centinaia di morti e decine di migliaia di contagi nel mondo, concentrati per la maggior parte nei territori del continente americano. Dopo sette anni, dunque, la pandemia influenzale continua a far parlare di sé e a seguito del primo caso segnalato a inizio gennaio, quando a Grado (Gorizia) un’anatra selvatica è stata dichiarata morta risultando positiva al virus H5N8, l’Organizzazione mondiale per la salute animale (Oie) e l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (Izsve) hanno segnalato un vero e proprio focolaio in un allevamento di pollame a Giare di Mira, in provincia di Venezia, dove risultano a rischio epidemia 20.500 tacchini. Stando al rapporto appena diffuso seimila animali sono stati dichiarati ufficialmente infetti e 600 sono morti a causa del virus. Come, inoltre, informa il Corriere della Sera, il Primo cittadino della città di Mira Alvise Maniero ha già firmato l’ordinanza per abbattere i tacchini e ridurre il rischio di epidemia tra gli animali. L’allevamento era già posto sotto sequestro il 21 gennaio, in attesa della conferma della positività.
“Chiedo ai Paesi di vigilare attentamente sui focolai di influenza aviaria nel pollame e sui casi che riguardano le persone e possano essere associati ad essi”, ha dichiarato la direttrice generale dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), Margaret Chan, sottolineando che in due occasioni, in Cina, non è stato possibile escludere il contagio tra persone e che a fine 2016 erano 40 i Paesi che denunciavano possibili casi di influenza. Dal settembre 2016 sono 225 i casi umani registrati di influenza da virus H7N7 nel continente giallo, una cifra piuttosto alta, con un numero imprecisato di morti, anche se negli anni passati l’infezione ha mostrato un tasso di mortalità del 39%.
Quello veneto, fino ad ora, è il primo focolaio nel pollame domestico in Italia da quando è ripartita la nuova epidemia. Non possono però dire la stessa cosa Germania e Francia dove dal settembre scorso la pandemia influenzale ha costretto gli allevatori ad abbattere nel primo caso 77 mila tra tacchini, polli e anatre, e nel secondo 800 mila oche usate per il foie gras. Il virus, trasmesso dagli uccelli migratori, non è del tutto pericoloso per l’uomo ma ha prodotto danni non indifferenti all’andamento economico del sistema francese che potrebbe ritrovarsi con una perdita pari a 80 milioni di euro. Il virus solo in Europa interessa 15 paesi, quali: Austria, Croazia, Danimarca, Finlandia, Olanda, Polonia, Gran Bretagna, Romania, Serbia, Repubblica Ceca, Svizzera, Ungheria, Svezia, Slovenia e Italia.
Tuttavia, già nel maggio del 2016 vi erano state delle primissime avvisaglie per l’Italia nel ferrarese dove a causa di due focolai sono stati abbattuti oltre 50 mila capi. In quel caso, tuttavia, si trattava del ceppo H7N7, anche quello ad alta patogenicità (come l’H5N8). Significa che nei volatili si manifestano sintomi gravi a carico del sistema respiratorio, di quello digerente e nervoso e possono provocare la morte. Gli allevamenti più sensibili al virus sono quelli dei tacchini.
Nell’aprile 2009 sono stati accertati per la prima volta focolai di infezione nell’uomo in Messico. Il numero dei casi, la presenza di morti accertati e la trasmissione da individuo a individuo hanno accresciuto il livello di allarme dapprima a livello locale e dopo su scala globale. Secondo l’Oms il virus colpisce gli adulti di sana e robusta costituzione e molto meno, invece, anziani e bambini. Questa caratteristica è dovuta al fatto che bambini e anziani sono in gran parte vaccinati contro l’influenza stagionale, e sembra che questa protezione diminuisca la capacità di infezione su questi individui.
Una delle domande più cliccate su Google e sugli altri motori di ricerca o rivolte agli specialisti riguarda i sintomi dell’influenza aviaria. Per prima cosa essi presentano tratti in comune con quelli dell’influenza classica, prevalentemente a carattere respiratorio, accompagnati spesso da nausea, vomito e diarrea. Malgrado il caso globale sia esploso ben 6 anni fa, ad oggi è perfettamente chiara l’estensione. Sembra che i sintomi siano diversi a seconda delle zone in cui il virus si è attivato. Mentre nella zona di probabile origine, in Messico, si è manifestata una sintomatologia con infezioni respiratorie, negli Stati Uniti si sono presentati vomito e problemi gastroenterici. In linea di massima si accusano sintomi aspecifici quali febbre di intensità variabile e prolungata di circa 5/7 giorni, sonnolenza, malessere, scarso appetito e cefalea, associati frequentemente a raffreddore, tosse e mal di gola. È consigliabile un controllo medico ogniqualvolta compaiano i sintomi definiti e un periodo di riposo-quarantena per evitare che il virus si allarghi ad altri individui.