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Tubercolosi, la pandemia ha causato un inedito numero di decessi
Il 24 marzo ricorre la Giornata mondiale della Tubercolosi che accende i riflettori su una malattia molto diffusa a livello mondiale e che ad oggi non è ancora stata sconfitta. Sono 1,5 milioni le persone morte a causa della malattia infettiva e contagiosa, causata dal batterio Mycobacterium tuberculosis, nel mondo nel 2020; circa 10 milioni quelle malate. Il 25% di queste vive in Africa. Tuttavia, come riferito dall’Organizzazione mondiale della Sanità, a partire dai primi anni 2000 sono circa 66 milioni i pazienti salvati grazie ai piccoli progressi fatti e sulla base degli studi avviati da Robert Koch, il medico tedesco che scoprì il batterio nel 1882. Nonostante gli importanti successi registrati, il contesto emergenziale dovuto alla pandemia da Covid-19 ha “annullato anni di progressi compiuti nella lotta per porre fine alla malattia”.
Per la prima volta nel corso dell’ultimo decennio i decessi a livello globale causati dalla tubercolosi hanno registrato un drammatico incremento nel 2020, anno in cui 9,9 milioni di persone si sono ammalate di Tbc e 1,5 milioni hanno perso la vita. “La tubercolosi – commenta il Direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus – rimane uno dei killer infettivi più letali al mondo. Ogni giorno, oltre 4.100 persone perdono la vita a causa della tubercolosi e quasi 30.000 persone si ammalano di questa malattia prevenibile e curabile”. Per porre fine alla diffusione della malattia si richiede un’azione concertata da parte di tutti gli attori in campo. “Investire nella Tb. Salvare vite” è proprio l’appello che l’Organizzazione mondiale della Sanità ha diffuso per la Giornata 2022.
A commentare l’appello dell’Oms è Medici con l’Africa Cuamm che da oltre settant’anni assiste i malati di Tb in Africa e che dall’inizio dell’emergenza sanitaria ha riscontrato notevoli difficoltà nella cura e nell’assistenza del paziente. “In tutti gli ospedali in cui operiamo – scrive in una nota l’Associazione – da Rumbek in Sud Sudan a Wolisso in Etiopia, passando per Tosamaganga in Tanzania, arrivano malati di Tubercolosi. In alcuni paesi, come l’Angola, il tasso di mortalità è di 62/100.000 abitanti. In ospedale diagnostichiamo e trattiamo la Tb, in alcuni anche con una strumentazione molto avanzata come il Genexpert che consente di determinare la presenza di Tubercolosi e l’eventuale resistenza alla rifampicina. Nei quattro ospedali in cui questo è possibile, abbiamo diagnosticato 22 pazienti resistenti. Sembra poco, ma in realtà è un dato molto elevato perché questi pazienti, se non diagnosticati, possono a loro volta trasmettere una tubercolosi resistente ai comuni farmaci, con alta mortalità e seri effetti collaterali per la terapia che dura 2 anni”.
Anche dall’Ucraina sono arrivate in Italia persone affette da tubercolosi. Al momento le autorità sanitarie registrano pochi casi, non preoccupanti, in Puglia ed Emilia-Romagna. A comunicarlo è il presidente della Federazione italiana delle aziende sanitarie ed ospedaliere (Fiaso), Giovanni Migliore, che sottolinea come gli ospedali italiani siano pronti a trattare questi casi. L’Ucraina infatti è tra i paesi inseriti dall’Oms nella lista dei territori ad elevata endemia di tubercolosi (TBbc). Per questa ragione all’Istituto Spallanzani di Roma è stato istituito un ambulatorio dedicato alla sorveglianza dei migranti.