“I geni correlati alla neoangiogenesi identificano i carcinomi epatocellulari a crescita rapida e a peggiore sopravvivenza. Risultati da uno studio prospettico” : è questo il titolo di uno studio made in Italy, ideato dalla Gastroenterologia del Policlinico di Modena, diretta dalla prof.ssa Erica Villa, che ha coordinato diversi centri in Italia (Università di Padova, Bari, Palermo, e Messina), e all’estero (Cicbiogune, Bilbao, Spagna) grazie al quale si è dimostrato come riconoscere precocemente il tumore del fegato a crescita rapida.
“E’ uno studio unico nel suo genere – ha spiegato la prof.ssa Erica Villa, Direttore della Gastroenterologia del Policlinico – in quanto ha arruolato in modo prospettico una coorte di Pazienti alla prima manifestazione di malattia tumorale. Questo ci ha permesso di avere informazioni molto accurate sia sull’andamento clinico che sulle caratteristiche della malattia alla sua presentazione e durante tutta la sua evoluzione, informazioni che sono state poi collegate allo studio molecolare. L’esecuzione di una semplice biopsia della lesione tumorale associata all’analisi molecolare (che nella nostra Unità Operativa viene già fatta di routine) permette di individuare la strategia terapeutica migliore nel singolo Paziente”.
E’ emerso che i tumori del fegato hanno un’estrema eterogeneità nella velocità di crescita, che oscilla da 30 a 600 giorni nel tempo di raddoppiamento del volume della lesione tumorale. “Questa eterogeneità – ha detto Villa – è strettamente correlata al successivo andamento clinico, con i tumori a più rapida crescita che sono caratterizzati da decorsi velocissimi. Per questo è importante capire quali sono questi tumori. Il nostro studio ha dimostrato che questi tumori possono essere identificati già alla prima diagnosi da una combinazione di 5 geni, studiati sulla biopsia del fegato”.
Lo studio è stato premiato nei giorni scorsi a Roma dall’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) come miglior studio Italiano di base pubblicato nel 2016 su riviste internazionali. Lo Studio è stato pubblicato sulla rivista Gut.