Grandi novità si prospettano sul fronte della ricerca scientifica e della prevenzione con l’arrivo delle nuove linee guida italiane per il tumore alla tiroide.
Questa forma di carcinoma ha origine dalla trasformazione delle cellule di una ghiandola, cioè la tiroide, collocata nel collo poco più sotto rispetto la cartilagine tiroidea (comunemente conosciuto per essere il pomo d’Adamo).
La tiroide ha la forma di una farfalla con le due “ali” ai lati della laringe che costituiscono i lobi della tiroide, mentre la parte centrale che le congiunge è detta istmo.
Il tumore alla tiroide, anche se raro, è il tumore endocrino più frequente e riguarda circa il 5% dei noduli tiroidei, che sono molto comuni con una prevalenza di quasi il 50% della popolazione. Stando all’ultimo rapporto Airtum, solo nel corso del 2017 sono state registrate oltre 15 mila nuove diagnosi di tumore alla tiroide. Un dato che lascia intendere un prossimo incremento soprattutto nelle donne. Tale aumento nel numero di diagnosi, non associato a un aumento della mortalità (nel 76% dei casi si guarisce), sembra essere associato alla maggiore frequenza degli screening e alla più alta accuratezza degli esami che consentono di scoprire i tumori di piccole dimensioni, non ancora palpabili.
Le principali società scientifiche, l’Associazione Italiana della Tiroide (AIT), l’Associazione Medici Endocrinologi (AME), la Società Italiana di Endocrinologia (SIE), l’Associazione Italiana Medici Nucleari (AIMN), la Società Italiana Unitaria di Endocrino Chirurgia (SIUEC) e la Società di Anatomia Patologica e di Diagnostica Citologica (SIAPEC), hanno avvertito l’esigenza di redigere nuove linee guida per la gestione ottimale dei noduli alla tiroide – sia benigni sia maligni – sulla base della particolare situazione italiana.
Le nuove linee guida italiane per la patologia nodulare e il carcinoma differenziato tiroideo – come specificato da una nota congiunta diramata dalle associazioni – verranno presentate nel corso del Thyroid UpToDate, previsto a Roma domenica 28 e lunedì 29 ottobre. Il professor Rinaldo Guglielmi, presidente dell’associazione medici endocrinologi, spiega che, considerano il carattere epidemico della malattia nodulare della tiroide in Italia, “il documento permette di individuare i soggetti che meritano una maggiore attenzione diagnostica ed evitare di sottoporre inutilmente ad indagini invasive la maggior parte dei pazienti con noduli che non presentano elementi di preoccupazione, senza trascurare quella minoranza di soggetti che merita maggiore attenzione, presentando ad esempio noduli di dimensione maggiore, micro-calcificazioni e margini irregolari. Oltre a identificare le condizioni e le caratteristiche che meritano maggiori approfondimenti diagnostici, sono stati analizzati anche gli approcci terapeutici più appropriati”. A tal proposito, all’interno del documento si raccomanda di procedere con interventi chirurgici meno estensivi ed invasivi, confermando la nuova tendenza a prediligere interventi conservativi. Tale approccio consente di ridurre il fabbisogno di terapia sostitutiva e si associa a una minore insorgenza di complicanze metaboliche e anatomiche.
Un ulteriore elemento che emerge dal documento è l’importanza della comunicazione tra medico e paziente. “S
econdo un’indagine commissionata dal Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini – illustra Luisa La Colla, presidente CAPE – 1 persona su 3 vorrebbe ricevere oltre alla diagnosi maggiori informazioni sulla malattia, sui trattamenti a disposizione e gli eventuali effetti collaterali. È importante che le principali società scientifiche endocrinologiche abbiano condiviso approcci e strategie per queste patologie e riconoscano l’importanza di informare correttamente il paziente circa le procedure a cui dovrà sottoporsi e alle possibili alternative, mettendo in evidenza i vantaggi ma anche le possibili complicazioni. Una diagnosi di tumore tiroideo è spesso associata a una crisi emotiva che, se non supportata dall’aiuto di professionisti, può protrarsi nel tempo. Alla base di questo impatto psicologico – spiega La Colla – ci sono principalmente l’incertezza della prognosi, lo scarso supporto psicologico, l’impatto sulle attività lavorative e i possibili effetti collaterali dei trattamenti. Di grande significato – sottolinea La Colla – è anche l’identificazione che le linee guida fanno dei soggetti più a rischio che permette di non creare inutili allarmismi nelle persone, fortunatamente la maggior parte, che hanno noduli che non richiedono un intervento”.