Indicatori di biodiversità ambientale di cui l’uomo si serve per la salvaguardia dell’habitat. Sono conosciute come simpatici insetti portafortuna ma in pochi sanno che le coccinelle, a dispetto dell’apparente inoffensività, sono in realtà attivi predatori prevalentemente zoofagi, a spese di insetti e acari. Per queste ragioni sono impiegati nella lotta biologica, ovvero nel controllo di una specie dannosa per le colture da parte di un suo antagonista naturale. In più, la loro presenza indica che l’habitat gode di ottima salute, e per questo vengono considerate bioindicatori della qualità ambientale.
A questo proposito, è possibile posizionare delle piccole cassette sul terrazzo della propria abitazione o in giardino, nell’area maggiormente soleggiata nel corso della giornata, dotate di piccoli fori che consentono l’ingresso agli insetti ma non ai loro predatori. Sul mercato inoltre sono disponibili quantitativi di uova di coccinelle utili da impiegare per la protezione degli alberi da frutto. Tuttavia, in molti – considerato l’alto valore di commercio e la scarsa disponibilità – usufruiscono dei benefici delle coccinelle già presenti in natura non eliminando le larve presenti naturalmente sulle piante perché, una volta nate, si nutriranno degli afidi che causano malattie alle colture. In buona sostanza, a seguito del lungo periodo di letargo, questi insetti si risvegliano assicurando all’uomo un grande beneficio.
Ma se da un lato siamo al cospetto di alleati della specie umana, dall’altro non siamo così certi che questa relazione possa perdurare. Un allarme lanciato dagli scienziati già nei primi anni 2000 riguarda il rischio di estinzione della coccinella europea Septempunctata, la classica rossa con puntini neri sul dorso, preda della asiatica Harmonia Axyridis o coccinella Arlecchino. La coccinella europea riveste una considerevole utilità ecologica nella lotta biologica e trova impiego in agricoltura per la sua efficace azione distruttiva degli afidi e degli acari che infestano le piante soprattutto in tarda primavera ma purtroppo è vulnerabile agli attacchi della cugina asiatica, particolarmente aggressiva, territoriale, veloce nel riprodursi, famelica e anche cannibala.
La coccinella arlecchino è stata importata a metà degli anni Novanta per combattere i parassiti delle coltivazioni ma ha dimostrato di essere fin troppo efficienti nel suo lavoro, incidendo sulla sopravvivenza di un vasto numero di insetti e mettendo a rischio anche alcune colture. Nei vitigni, ad esempio, la sua presenza può essere altamente dannosa considerato che in prossimità della vendemmia ama ripararsi all’interno dei grappoli più grossi e compatti dove emette una sostanza (l’emolinfa) dall’odore nauseabondo che altera il sapore del vino.