Secondo una ricerca, l’inquinamento atmosferico è ritenuto un potenziale fattore di peggioramento della qualità degli spermatozoi.
Se la Terra sta male non va meglio per l’uomo. Spesso infatti i governi e le associazioni green esortano i popoli del globo terrestre ad avere rispetto della “nostra casa comune” ma poche volte a questi appelli segue un dato preoccupante. Più smog si respira, più l’uomo rischia di non essere fertile. E’ questo il risultato di una ricerca pubblicata su ‘Occupational & Environmental Medicine’ che associa l’inquinamento atmosferico a uno sperma di qualità inferiore. E anche se l’entità di questo effetto risulta relativamente piccola in termini clinici, data la diffusione dell’inquinamento atmosferico potrebbe significare ugualmente infertilità per un “numero significativo di coppie”.
Dati che certamente sconvolgono le giovani coppie che provano ad avere un figlio ma che sono costrette a respirare aria cattiva soprattutto in talune aree d’Italia particolarmente industrializzate. Si tratta di un vero grido d’allarme per la natalità occidentale, soprattutto per tutte quelle regioni europee e americane dove il tasso di inquinamento è elevato. Studi recenti, inoltre, dimostrano che la percentuale dei milioni di spermatozoi contenuti in un millilitro di liquido seminale si sia dimezzata negli ultimi 40 anni nei Paesi occidentali.
L’esposizione ambientale alle sostanze chimiche – spiegano gli autori della ricerca pubblicata – è ritenuta un potenziale fattore di peggioramento della qualità degli spermatozoi, ma non è ancora chiaro se anche lo smog possa avere un ruolo, spiegano gli esperti. Per esplorare questo rischio, un team internazionale di ricercatori ha esaminato l’impatto dell’esposizione a breve e lungo termine al particolato fine Pm2,5 sulla base di un campione di 6.500 uomini aventi un’età tra i 15 e i 49 anni a Taiwan. Le cavie, nell’arco di tempo che va dal 2001 al 2014, hanno preso parte a un programma di esami medici standard durante il quale è stata valutata anche la qualità del loro sperma.
I livelli di Pm2,5 ai quali sono stati sottoposti i protagonisti dello studio sono stati stimati in base all’indirizzo di casa di ognuno, per un periodo di tre mesi e per una media di 2 anni, utilizzando un nuovo approccio matematico combinato con i dati satellitari della Nasa. Al termine del periodo di ricerca è stata trovata una corrispondenza tra esposizione a Pm2,5 e forma anormale dello sperma. Ogni 5 µg/m3 (microgrammi per metro cubo) di aumento del particolato fine nella media dei 2 anni è stato associato a un significativo calo, dell’1,29%, nella forma e dimensione dello sperma normale. Ed è stato associato a un aumento del 26% del rischio di trovarsi nella forbice più bassa delle dimensioni e della forma normali dello sperma, dopo aver preso in considerazione fattori potenzialmente influenti, come fumare e bere, età o sovrappeso.
Inoltre, nel corso di un Congresso tenutosi di recente a Roma sono stati resi pubblici i nuovi dati di EcoFoodFertility, un progetto interdisciplinare e multicentrico di biomonitoraggio umano, pensato sulle problematiche della Terra dei Fuochi, una vasta area situata nell’Italia meridionale, che si estende in Campania, a confine tra la provincia di Napoli e quella di Caserta. Lo studio prende in esame campioni omogenei per età, indice di massa corporea e stili di vita di maschi sani, residenti in aree con diversi livelli di inquinamento. In conclusione si sono registrate I risultati dei primi studi su 222 campioni selezionati da due aree campane ad alto (Terra dei Fuochi) e basso (Alto-Medio Sele, nel salernitano) impatto ambientale, già indicavano differenze statisticamente significative in termini di maggiore accumulo di alcuni metalli pesanti, di danni al DNA spermatozoario, di riduzione delle difese antiossidanti nel liquido seminale, di alterazioni della motilità spermatica, di maggiore lunghezza dei telomeri spermatici nei soggetti di Terra dei Fuochi rispetto a quelli del Salernitano.