Dal comparto dei vaccini Advent IRBM Science Park di Pomezia nascerà il vaccino contro il Coronavirus
Sul fronte farmacologico al via test su farmaci anti artrite (Tocilizumab), antivirali per trattare l’Hiv (Lopinavir e Ritonavir) e uno sperimentale sviluppato per combattere l’Ebola
Con la stessa rapidità con cui si sta diffondendo l’epidemia del nuovo Coronavirus, l’infezione responsabile dell’epidemia di polmonite che ha avuto origine nella città di Wuhan nella provincia di Hubei, e la relativa messa in atto di misure di prevenzione e di contenimento attuate da tutti i Paesi del mondo, proseguono i lavori sia per lo sviluppo di un vaccino che per l’identificazione di terapie efficaci contro il virus.
Buone notizie per quanto riguarda test farmacologici. Dall’ospedale Pascale di Napoli fanno sapere che il farmaco Tocilizumab, farmaco anti artrite, utilizzato solitamente per limitare gli effetti collaterali provocati da alcuni farmaci immunoterapici pare abbia avuto esiti positivi, in 24 ore, su pazienti affetti dall’infiammazione polmonare provocata dal Covid19. Il farmaco aiuta i pazienti ad uscire dalla terapia intensiva. La decisione di usarlo è stata presa dopo un consulto con i medici cinesi.
“Non si tratta di un farmaco specifico per il Covid19 – spiega il dottor Paolo Ascierto, direttore dell’Immunoterapia Oncologica dell’ospedale “Pascale” di Napoli, intervistato da Fanpage – ma neutralizza l’interleuchina 6, la proteina che è il principale vettore dell’infiammazione polmonare prodotta dal Coronavirus, questo ci permette di far recuperare al paziente le sue capacità respiratoria in 24/48 ore, sono risultati molto importanti”.
“Sono 14 le imprese attive nella sperimentazione di vaccini, farmaci nuovi o già esistenti che si testano contro il nuovo Coronavirus”, dichiara Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria in un’intervista a Il Sole24 ore. “A oggi sono 35 i vaccini candidati contro Covid-19 in tutto il mondo, erano una decina di meno solo qualche settimana fa”.
Il primo vaccino contro Covid-19 potrebbe essere pronto, ad opera di un equipe di scienziati israeliani del Migal- Galilee Research Institute, tra qualche settimana ed essere disponibile in 90 giorni. Lo notizia è stata pubblicata su Jerusalem Post e fa ben sperare in un importantissimo passo in avanti della ricerca. Si tratterebbe di un vaccino orale e accessibile al grande pubblico. “Data l’urgente necessità globale di un vaccino contro il coronavirus umano, stiamo facendo tutto il possibile per accelerare lo sviluppo, ha detto David Zigdon, CEO di Migal, secondo il quale il vaccino potrebbe “ottenere l’approvazione della sicurezza in 90 giorni”.
Al lavoro da tempo per produrre un vaccino in grado di rendere immune l’uomo dal Covid-19 anche un’azienda italiana la IRBM Science Park con il comparto dei vaccini Advent, con sede a Pomezia in collaborazione con l’istituto Jenner della Oxford University. L’IRBM ha prodotto già il vaccino contro l’ebola.
Come immunizzare il corpo umano dal contagio del virus? Attraverso il trasporto di una proteina selezionata, la ‘spike’ inserita in un vettore, un adenovirus che la porterà all’interno del corpo umano. Tale trasporto e’ riconosciuto dall’uomo ed è stato già adottato per altre produzioni di vaccini come nel caso dell’ebola, fanno sapere dall’azienda.
Arriverà in tempi brevi il preparato del vaccino, l’innoculo virale attualmente nei laboratori dell’Università di Oxford. “All’adenovirus, un virus ingegnerizzato non pericoloso in arrivo da Oxoford – spiega ai microfoni del Tg1 Piero di Lorenzo Presidente di IRBM di Pomezia – viene inserito il gene della proteina spike che copre il Coronavirus. Questa proteina inserita nell’organismo umano crea una reazione dello stesso per produrre gli anticorpi”.
Sono due le fasi di produzione del vaccino: “la prima – spiega Stefania Di Marco, Responsabile vaccini Advent-IRMB tramite l’agenzia stampa Dire – in cui il vaccino è prodotto in un sistema cellulare in vitro e poi una fase di purificazione che sfrutta quello che viene chiamato un supporto cronomatografico. Lo scopo della purificazione è riuscire a rimuovere dal ‘nostro’ vaccino tutti i possibili contaminanti e ottenere cosi’ un prodotto puro. Il prodotto deve essere testato per comprendere il tipo di concentrazione cioè quante molecole di vaccino sono presenti in un determinato flacone”. “Il secondo test deve determinare la ‘potenza’- prosegue – del vaccino ovvero quanto funziona in vitro all’interno di un sistema cellulare. Poi verranno compiuti dei test per assicurare l’assenza di altri contaminanti. Una volta che il vaccino è pronto e rispetta requisiti di qualità può essere usato per la sperimentazione sia negli animali che clinica”.
Quali sono i tempi dall’ideazione alla messa in commercio?
“L’OMS, qualche settimana fa è intervenuto e ha dato come tempi di riferimento 18 mesi per la produzione – afferma all’agenzia stampa Dire Matteo Liguori, Managing Director dell’IRBM – Per quanto riguarda IRBM la previsione dipenderà dalla diffusione del Coronavirus. Stiamo impegnandoci 24 ore al giorno per fare in modo che questo vaccino raggiunga il mercato nel più breve tempo possibile. Stimiamo che da qui all’estate la nostra azienda produrrà mille dosi di vaccino. Tali dosi dovranno esser sperimentate secondo il protocollo che ad oggi conosciamo e cioè, fino a prova contraria, quello ordinario. L’iter consiste prima nella sperimentazione animale, poi sull’uomo in fase clinica detta anche 1,2 e 3 seguendo lo standard”.
A fine giugno è quindi previsto il termine della produzione di 1000 dosi per la sperimentazione sugli animali e entro il mese di luglio dovrebbe partire quella sull’uomo.
Se il contagio dovesse continuare in modo rapido come in questi giorni, quale potrebbe essere la soluzione per velocizzare i tempi di sperimentazione e validazione?
“Le agenzie regolatorie – afferma Stefania Di Marco – invece di seguire una strada standard che può essere molto lunga possono derogare alcuni passaggi. Ad esempio la sperimentazione animale si può saltare perché la piattaforma di adenovirus che noi stiamo utilizzando per tale produzione è stata ampiamente utilizzata nella realizzazione di altri vaccini ed è stata testata anche nell’uomo risultando sicura. Ciò accorcerebbe i tempi cosi’ come la sperimentazione clinica nell’uomo può fare a meno di alcune fasi”.
Per quanto riguarda invece una possibile terapia, pare che il trattamento a base di cellule staminali abbia esiti positivi nella cura del Covid-19. In Cina una donna di 65 anni con una forma grave di Covid-19 che sarebbe migliorata dopo aver ricevuto una terapia a base di cellule staminali. A riportarlo Il “South China Morning Post”. “Anche se si tratta di un solo caso- affermano gli esperti su Chinaxiv.org, una piattaforma per il rilascio di dati e documenti scientifici per la revisione paritaria fra esperti – potrebbe essere molto importante per ispirare pratiche cliniche simili nel trattamento di pazienti con Covid-19 in condizioni critiche”. Al lavoro anche un altro gruppo di ricerca ha pubblicato i risultati delle infusioni di staminali mesenchimali su sette pazienti affetti da Covid-19 (1 in condizioni molto gravi, 4 gravi e 2 lievi). I sette pazienti, trattati allo YuAn Hospital di Pechino, avrebbero visto migliorare il proprio stato di salute.