Una terza dose di vaccino? Al momento si tratta solo di un’ipotesi che va progressivamente concretizzandosi e che guarda al prossimo autunno. Dopo che il dibattito si è concentrato nei luoghi della scienza lasciando che a parlarne fossero scienziati ed esperti dell’Istituto superiore di sanità e del Comitato tecnico scientifico, a focalizzare l’attenzione sull’argomento è ora il Ministro della Salute Roberto Speranza che ha fornito le prime informazioni sul “quando” e sul “dove” sottoporsi alla terza dose. Con ogni probabilità, saranno i medici di base a preoccuparsi delle inoculazioni, a partire da ottobre-novembre.
Al momento, circa un italiano su cinque ha completato il ciclo vaccinale contro il COVID-19, per un totale di 11.871.163 persone totalmente coperte. Le dosi somministrate sono quasi 34 milioni e mezzo, su 36.702.939 farmaci consegnati. La terza dose di vaccino, nelle ipotesi degli esperti, sarebbe necessaria per incrementare la protezione contro le nuove varianti del coronavirus Sars-CoV-2. Inizialmente circolavano l’inglese, la sudafricana e la brasiliana. A queste si è successivamente affiancata la variante indiana e quella vietnamita. In Italia resta stabile la dominanza della variante inglese, 88% dei casi. È al 7,3% quella brasiliana, mentre la sudafricana rimane stabile, l’indiana è pari all’1% dei casi e la nigeriana è allo 0,8%.
“In questo momento – ha commentato il Ministro in diretta a Che tempo che fa – non abbiamo certezze assolute, ma tutti i nostri scienziati ci dicono che sarà molto probabile dover ricorrere ad una terza dose come richiamo necessario, eventualmente potranno esserci modifiche dei vaccini per poter coprire meglio alcune varianti. Bisognerà dunque passare da una fase straordinaria ad una fase ordinaria e penso che questa nuova ordinarietà possa essere affidata alla nostra straordinaria rete di medici di medicina generale. Io ho 42 anni, dopo il 3 giugno potrò anche io avere il vaccino. Ho scelto di vaccinarmi presso il mio medico di famiglia e credo sia giusto”. Inoltre, secondo il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Franco Locatelli si tratterebbe di una soluzione ragionevole anche se al momento “non è stimabile quando dovrà essere somministrata e l’incertezza è legata al fatto che i periodi di osservazione sono ancora limitati”.
Gli studi a nostra disposizione e relativi alla durata della copertura dei farmaci anti virus sono di fatto limitati. Certo è che se il richiamo si rendesse essenziale dopo i 10 mesi, i tempi sarebbero abbastanza ridotti. In sostanza, da novembre si dovrebbe ripartire con la campagna vaccinale dei sanitari e, a seguire, di tutte le altre categorie.