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Vaiolo delle scimmie, salgono a 29 i casi certi in Italia
Ad oggi sono 29 i casi di vaiolo delle scimmie confermati in Italia e intanto si rafforza l’ipotesi della trasmissione sessuale del virus. Il dato è stato ufficializzato dal documento di aggiornamento dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) pubblicato il 10 giugno. I numeri più alti nella regione europea Oms si registrano in Gran Bretagna, con 321 casi, Spagna, con 259, e Portogallo, 191. All’8 giugno, 1285 casi confermati in laboratorio e un caso probabile sono stati segnalati da 28 Paesi in quattro regioni dell’Oms in cui il vaiolo delle scimmie non è comune o non era stato precedentemente segnalato. Non sono stati segnalati decessi in queste quattro regioni ma l’Oms avverte che i casi aumenteranno ancora.
Proprio sulla base di questa situazione, che per certi paesi diventa preoccupante, Germania, Francia e Gran Bretagna hanno consigliato la vaccinazione contro questo virus a tutti i cittadini maggiorenni che sono entrati in contatto con una persona infetta o a rischio, ma anche al personale medico e di laboratorio impiegato in ambito infettivologico, e uomini che hanno frequenti relazioni sessuali con altri uomini.
Come già scritto il 23 maggio scorso, quella del vaiolo delle scimmie potrebbe essere dichiarata “emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale”, il che significherebbe un immediato incremento dei controlli oltre che una puntuale politica di monitoraggio. Nel frattempo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) ha evidenziato l’importanza di evitare che il contagio dall’uomo passi e si diffonda in popolazione animali e chiede vigilanza su questo fronte: “È necessaria – si legge – una stretta collaborazione intersettoriale tra le autorità sanitarie pubbliche dei settori umano e veterinario per gestire gli animali domestici esposti al virus e prevenire la trasmissione della malattia alla fauna selvatica”.
Novità importanti in ambito scientifico arrivano dall’Istituto “Lazzaro Spallanzani” di Roma secondo cui il virus responsabile del vaiolo delle scimmie potrebbe essere presente nel liquido seminale di una persona affetta da questa malattia in una forma capace di replicarsi. Intanto, sempre dal Centro di ricerca della Capitale fanno sapere che il virus è stato isolato nei laboratori dal liquido seminale prelevato da un paziente sei giorni dopo la comparsa della febbre e, in coltura cellulare, si è dimostrato capace di infettare e di replicarsi in laboratorio. Finora – si legge nella nota diffusa – “la presenza del materiale genetico del virus è stata rilevata nel liquido seminale di 6 dei 7 pazienti studiati allo Spallanzani, ma in questo caso il virus è stato anche isolato in coltura”.
Sulla base dello studio elaborato dallo Spallanzani le caratteristiche della popolazione coinvolta, così come l’esposizione segnalata a molteplici contatti sessuali senza preservativo, suggeriscono che la trasmissione da uomo a uomo attraverso uno stretto contatto fisico nelle reti sessuali gioca un ruolo centrale nell’attuale focolaio. Sono tuttavia fondamentali ulteriori studi per valutare la presenza, la persistenza e la contagiosità di del vaiolo delle scimmie in diversi fluidi corporei, si sintetizza nell’articolo pubblicato. I ricercatori, che già avevano segnalato la presenza del virus nel liquido seminale di alcuni pazienti, avevano precisato che “molti altri virus che causano la viremia possono essere trovati nello sperma senza evidenza diretta di trasmissione sessuale”.