Questo sito Web utilizza i cookie per offrirti la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito web e aiutando il nostro team a capire quali sezioni del sito web trovi più interessanti e utili.
Vegani o onnivori: come cambieranno i sapori della nostra cucina?
Sono sempre più i ristoranti che offrono piatti vegani: solo in Italia, infatti, il 7,1% della popolazione sarebbe vegetariana mentre l’1% si dichiara vegano, circa 600mila persone.
Sempre più numerosi sono quei ristoranti che alla cucina tradizionale affiancano piatti per soli vegani, favorendo con notevole successo una vera e propria tendenza alimentare che non si veste di tutti quei condimenti e prodotti tipici delle ricercate e tradizionali specialità all’italiana. Ragù di carne, parmigiana ricca di olio extravergine d’oliva, bistecca di manzo, bucatini all’amatriciana. Niente di tutto questo: per i piatti vegani, infatti, esiste solo soia, seitan, tofu, alghe, cereali e assimilati, tutti cibi che pur non avendo lo stesso sapore dei prodotti animali e dei loro derivati come carne, pesce, latticini, uova e prodotti di alveare (si pensi al miele e alla pappa reale), fanno parte di un unico mood alimentare, quello vegano, che per molti esperti non solo è salutare ma se composto da un’alimentazione equilibrata è la sola soluzione per il benessere dell’organismo umano.
Presentata come una filosofia che connette stili di vita a diete alimentari, la cucina vegana – il cui volto si ritrova nel Vertumno di Giuseppe Arcimboldo – assume una sua connotazione internazionale in pieno Novecento, e più di preciso nel 1944 quando il docente britannico Donald Watson coniò il termine “veganism” da cui “vegan” ritenendo che fosse più giusto dare vita a un movimento che raccogliesse tutti i vegetariani non consumatori di prodotti caseari. Con l’istituzione della Vegan Society e la diffusione dei capisaldi di questo “stile di vita” che in alcuni Paesi del mondo affonda le basi in principi di natura religiosa (come per l’India), il veganismo ha assunto nel tempo un’impronta decisiva nelle cucine europee (quelle anglosassoni in testa) fino a caratterizzarsi come una tra le alimentazioni più seguite. Solo in Italia, infatti, il 7,1% della popolazione sarebbe vegetariana mentre l’1% si dichiara vegano, circa 600mila persone. Dati che non dovrebbero allarmare i cosiddetti onnivori che invece rappresentano il campione più consistente dell’intera popolazione italiana, ma anche europea. Vegani o carnivori? Carne o non carne? Per il futuro certamente c’è da aspettarsi una crescita dei vegani nelle nostre città, alcuni per scelta personale altri, invece, solo incuriositi dalla tendenza o indotti da intolleranze verso certi prodotti di natura animale.
A tal proposito, sono sempre di più le catene di supermercati e fast food in franchising, ristoranti e bistrot “cruelty-free”, che hanno a disposizione linee speciali di prodotti alimentari; negli ultimi tempi, poi, sono state aperte al grande pubblico apposite “macellerie vegane” – si passi in termine – in cui si vendono hamburger vegetali, o “Vegan caffetterie” che bandiscono i loro banconi con cornetti privi di uova, latte e burro sostituiti da farina di manitoba, mais e malto. Tuttavia, stando a questa evoluzione culturale e sociale, oltre che culinaria, ci si domanda quali siano le ragioni principali che inducono molte persone, di qualsiasi età ed estrazione sociale, ad abbracciare questo stile di vita. La risposta è fornita da una ricerca realizzata da Eurispes, Istituto di Studi Politici, Economici e Sociali fondato e presieduto da Gian Maria Fara, che annualmente studia i cambiamenti che interessano le abitudini degli italiani. Secondo il Rapporto pubblicato la maggior parte di chi si ritiene vegetariano o vegano è mossa da ragioni che riguardano la salute e il benessere: il 46,7%. Il 30%, invece, dalla sensibilità nei confronti degli animali, mentre poco più del 12% dalla cura e dal rispetto delle risorse naturali. “Molti dicono che quella vegana sia una scelta estrema, ma forse l’unica cosa veramente estrema è la consapevolezza, la conoscenza dei metodi di allevamento, produzione e sfruttamento di animali e ambiente”, afferma la studiosa Martina Donati nel suo libro “Keep calm e diventa vegano”, vero e proprio manuale guida necessario a coloro che si affacciano al mondo vegan per la prima volta.
Tuttavia, tutti coloro che si definiscono “vegani” in verità lo sono solo in parte, dal momento che un vegano doc per essere tale dovrebbe rinunciare a moltissime comodità che ormai con naturalezza e non poca abitudine fanno parte del nostro quotidiano. Il veganesimo, infatti, non riguarda esclusivamente le abitudini alimentari, ma anche il modo di vestirsi (no agli indumenti di lana, seta e pelle), di truccarsi (no a quei prodotti della cosmesi testati sugli animali) o di arredare la casa (guai a comperare un divano in pelle o un tappeto naturale non sintetico). Tutto questo perché il vegano sposando una vera e propria scelta di vita decide di mettere al centro della sua cultura un netto rifiuto di ogni forma di violenza e di costrizione sulle specie animali – equiparandole a quelle compiute sugli esseri umani da altri esseri umani. È forse questa rigidità che ha portato molti vegetariani e vegani a fare un passo indietro sulla loro scelta e a tornare tra i banchi delle cucine tradizionali? Non lo sappiamo, ma di certo ci sono i dati raccolti dallo Humane Research Council di Washington, un’organizzazione no profit che produce indagini rivolte proprio alle associazioni animaliste, secondo cui su un campione di 11mila americani vege-vegani circa l’84 per cento è poi tornato a essere onnivoro.